Copertina 7

Info

Anno di uscita:2004
Durata:39 min.
Etichetta:Small Stone
Distribuzione:Brainstorm

Tracklist

  1. CHEMICAL LADY
  2. ROLLER
  3. DRAGONFLY
  4. BELIEVE IT
  5. CRACKS IN THE PAVEMENT
  6. KNUCKLE DOWN
  7. MONEY MAN
  8. BOSS HOG
  9. CYRUS
  10. YETTI

Line up

  • Keith Gibbs: guitar, vocals
  • Clayton Charles: bass
  • Rick Ferrante: drums

Voto medio utenti

Da parecchio tempo tesso le lodi dell’etichetta Small Stone, sinonimo di oculata gestione nel caotico mondo heavy rock/stoner, perchè là dove altri puntano sulla quantità producendo materiale di ogni tipo, i ragazzi di Detroit scelgono con una certa cura i loro obbiettivi con il risultato che le loro bands riescono sempre a far drizzare le orecchie agli appassionati del settore.
Naturalmente si parla di piccole formazioni, nomi per nulla altisonanti, con una spinta pubblicitaria ed un’immagine pari allo zero assoluto, gente che vive e suona nell’ombra e mai verrà puntata dai riflettori della notorietà, ma quando ci accostiamo alla loro musica siamo investiti da sensazioni antiche, riscopriamo quelle vibrazioni hard dimenticate, quel senso di purezza ruvida e selvaggia che animava la scena rock prima che si sbriciolasse negli infiniti rivoli ben ordinati e blindati da ferree regole di comportamento.
Sasquatch è uno degli ultimi arrivi in casa Small Stone, un trio formato nel 2001 ed attivo nella zona di Los Angeles ma con una sorta di legame ideologico con Detroit, visto che la sua coppia ritmica Charles-Ferrante è nativa proprio della Motor City Madhouse. Logico quindi che la label del Michigan abbia seguito con interesse la crescita del gruppo, il quale in breve tempo si è trovato a dividere il palco con nomi noti dell’underground come Fireball Ministry, Nebula, Unida, diventando assai popolare nell’area Losangelina.
Adesso è tempo di debutto discografico e non c’è da aspettarsi altro che una ruvida pesantezza settantiana, chitarre lanciate in torridi assoli, voce maschia con retrogusto di fumo ed alcool, semplici tocchi melodici pennellati qua e là da colori acidi o bluesy o ancora southern.
Sempre la stessa storia, dirà qualcuno. Ma è proprio la storia che teniamo in vita fin dalla sua nascita e che ancora tanta gente si sforza di non far morire mai. I punti di riferimento sono i soliti di quest’ambito: Halfway to Gone, Dixie Witch, Throttlerod, Sixty Watt Shaman, moltissimo i Roadsaw, ma ciò che più conta è che i Sasquatch sono un gruppo targato Small Stone in tutto e per tutto, e chi segue il genere avrà già capito senza ulteriori spiegazioni.
Per gli altri diciamo che nel disco troveranno una parte di brani impostati su di un solido groove sudato e sporco, lo stesso che parte dai Corrosion of Conformity e risale nel tempo fino ai Grand Funk, ritmi potenti e precisi come frustate, hard secchi e tirati che non alimentano il caos ma non concedono nulla alle effeminatezze (“Chemical lady, Believe it, Boss hog”).
L’altra parte delle canzoni rientra in una dimensione più fluida, con qualche apertura alle dilatazioni, dove la chitarra di Gibbs assume il comando e si libra in svolazzi più viscerali ed istintivi, passaggi che dal vivo potranno trasformarsi in libere jams per la gioia di chi sul palco ama ancora l’improvvisazione e non la fotocopia di ciò che si ascolta in poltrona (“Dragonfly, Knuckle down”, miglior pezzo dell’album).
Inutile ribadire le cose dette in occasione di uscite analoghe, i Sasquatch non vogliono insegnare nulla a nessuno e con umiltà esplodono il loro carico di energia rock non artificiale, forza vera di muscoli gonfiati dal duro lavoro, lasciando ai soloni cervellotici le finte rabbie esistenziali di chi a casa trova sempre il piatto pronto e gli estremismi psicotici costruiti in catena di montaggio. Nulla di nuovo, la Small Stone non allargherà il bacino d’utenza con i Sasquatch, mentre mi auguro che i sostenitori della scena heavy rock Statunitense diano fiducia anche a questo ruvido ed onesto trio di losers.

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