Se mi venisse chiesto d’indicare le formazioni di giovincelli in grado di rappresentare il futuro del death metal più moderno e tecnico, i primi nomi a comparire nella mia testolina sarebbero i
Fallujah e gli
Allegaeon. Neanche a farlo apposta, entrambe le compagini hanno deciso di pubblicare la loro nuova fatica nel mese di giugno 2014, per di più a pochi giorni di distanza.
Scopriremo a breve, grazie all’imminente full
The Flesh Prevails, se la fiducia nei primi sia stata ben riposta; per quanto riguarda i secondi, che poi costituiscono l’oggetto dell’odierna recensione… beh, per una volta le mie previsioni hanno trovato riscontro (anzi, già che ci sono: i
Mondiali li vince la
Germania).
Il nuovo
Elements of the Infinite, infatti, suffraga appieno le ottime impressioni suscitate da
Fragments of Form and Function (2010) e
Formshifter (2012), dimostrandosi l’ennesima grande prova di un combo che da promessa si è già tramutato in certezza.
E pensare che i primi attimi dell’opening track mi avevano fatto rizzare i capelli (nei limiti del possibile): il sinistro arrangiamento orchestrale poteva suggerire una svolta da delirio di onnipotenza sinfonica -chi ha detto
Fleshgod Apocalypse?-. Fortunatamente,
Threshold of Perception impiega poco a dimostrare che il sound dei Nostri ha mantenuto intatte le caratteristiche migliori: riffing smargiasso e vorticoso, songwriting elaborato eppur fruibile e, soprattutto, perfetto bilanciamento tra perizia strumentale, velocità, groove, aggressione e melodia.
Che gli
Allegaeon suonassero in modo divino già si sapeva, e gli avvicendamenti nella line up si sono dimostrati indolori sotto tale profilo: reputo davvero positive le prove dei nuovi arrivati
Brandon Park (batteria) e
Michael Stancel (chitarra).
D’altra parte, siamo ben lungi dalla fredda ostentazione edonistica di musicisti iperdotati (di tecnica, il resto non so): vi basterà poggiare le orecchie sulla immane porzione conclusiva di
Tyrants of the Terrestrial Exodus, sul dilagante chorus di
1.618 (singolo per il quale è stato anche girato un divertente videoclip), sullo splendido guitar solo di
Gravimetric Time Dilation e sull’impeto distruttivo di
Our Cosmic Casket per rendervene conto.
Aggiungiamo senz’altro alle note positive le interessanti, anche se un po’ da nerd, lyrics a sfondo scientifico confezionate dal vocalist
Ezra Haynes, e l’operato dietro al mixer di
Dave Otero (già all’opera con acts del calibro di
Cephalic Carnage e
Cattle Decapitation) che ha saputo donare all’opera un sound mostruoso.
Purtroppo, un paio di episodi trascurabili (l’insapore mid tempo
Dyson Sphere e la banalotta
Biomech II) separano
Elements of the Infinite dall’approdo nei
Top Album; in ogni caso, parliamo di un disco che mi sento di consigliare a chiunque, con una piccola riserva per i deathster più oltranzisti e old school.
Gli altri lascino perdere le bolse scorrerie degli
Arch Enemy, che non hanno più niente da dare o dire dai tempi delle Guerre Puniche, e investano i sudati risparmi negli
Allegaeon.
Pronostico (ormai son lanciato) che non ve ne pentirete.