Dopo ben 3 anni di attesa ecco finalmente il ritorno dei brutal monsters Brodequin, band di cui vi abbiamo già dato conto nello speciale Unmatched Brutality. Il nuovo disco, lungi dal discostarsi da quanto fatto in precedenza, il che ci porta dalle parti del più brutale, marcio, soffocante, devastante, barbarico ed intenso death metal, si spinge ancora oltre nella follia sonora.
“Methods Of Execution” è una cascata impetuosa ed ininterrotta di rumore, rumore ed ancora rumore, con un batterista mostruoso, e vi invito ad ascoltare cosa riesce a fare in “Lingering Existence” piuttosto che in “Cast Into Torment”, dove i blast beats arrivano a scariche fulminee direttamente sui denti, rumore amplificato da una produzione sporca e paludosa che aumenta la spaventosa ferocia con cui la band dipinge il sanguinolento quadretto di ogni singola songs, come al solito tutte incentrate sugli strumenti di tortura.
Notevole è anche la nuova prova vocale di Jamie Bailey, ancora più brutale, bassa e inintelligibile del solito, il tutto senza ausilio di distorsore alcuno, come solo i grandi, e le loro vituperate trachee, sanno fare.
Mi riesce difficile esprimere a parole cosa è questo disco, tanto più che ai profani del metal estremo, e quando dico estremo è estremo, indi niente fan degli In Flames in cerca di nuove sensazioni, sembrerà solo il rumore di una fogna otturata. Ma qui c’è brutal death metal alla sua ennesima e più brutale potenza, c’è tutta la carica aggressiva e vetriolica del grind a tinte gore (i pezzi non superano mai i due minuti), c’è tutto il meglio che si possa desiderare da tre figuri, incazzati e con una mente funebre, con gli strumenti in mano. Nel Brutal Death Metal la fiera e monolitica coerenza nella brutalità e nell’estremismo sonoro è il maggior pregio che una band possa avere, non frega a nessuno dell’innovazione, dell’originalità, della produzione cristallina, delle meches del cantante, eccetera, quello di cui abbiamo bisogno è il nostro quotidiano e fottuto massacro a tinte rosso sangue. E grazie a Dio i Brodequin ci danno quello cui abbiamo diritto, ci danno il lato migliore dell’America!
La conclusiva title-track è lunga sette minuti, interamente spesi in un lungo samples disturbante, risparmiandoci l’ultimo assalto di apocalittico brutalgore.
Notevole è anche l’artwork del disco, con tutte le liriche cui sono associate, ad ognuna, una stampa d’epoca riproducente la tortura in oggetto. È inoltre presente anche il video dell’opener “Slaves To The Pyre”.
Non so quando questo disco sarà ufficialmente distribuito in Italia, visto che mi è stato spedito direttamente dagli Stati Uniti, ma gli amanti del genere possono anche iniziare a scandagliare i vari mailorder oppure ordinarlo direttamente dal sito della label. Il perché lo trovate scritto più sopra.
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