Ogni volta che mi trovo a dover fare recensioni di "mostri sacri", vengo preso da incredibili timori reverenziali. Con 'gente' del calibro di
Steve Hackett e dei
Genesis ci puoi scherzare poco, ché, piacciano o meno, qui si sta parlando di uno dei mattoni costitutivi di quella forma d'Arte che ha traghettato la musica classica nel nuovo secolo, dandole una dignità e una profondità lirica e tecnica che tutte le bands susseguenti devono (dovrebbero) riconoscere.
Il cappellone introduttivo e leccaculistico mi riesce particolarmente bene quando si parla dei
Genesis, ossia l'Adamo (o l'Eva, scegliete voi) del concetto stesso di
progressive music. E' quindi molto più che un piacere avere l'occasione di fare un tale tuffo nel passato, ascoltando sua maestà
Steve Hackett, circondato da una corte di musicisti di prim'ordine, eseguire per le mie (e vostre) orecchie la Storia del Progressive Rock.
In questo "
Genesis Revisited: Live at the Royal Albert Hall", c'è da farsi venire le lacrime agli occhi per la scelta della setlist: brani immortali, tanto che citarne un paio mi pare una bestemmia ed una mancanza di rispetto per gli altri. Mi limiterò quindi alla disamina 'tecnica' del doppio cd a mia disposizione: la produzione è live ma pulita, non troppo pompata in fase di mastering, e con un pubblico quasi assente, tanto che potresti scambiarlo in più di un'occasione per una esibizione in studio. A corredo dei suddetti cd, però, c'è anche la versione con dvd, sfortunatamente non in mio possesso, ma che provvederò quanto prima a far mia, anche perchè vedere un chitarrista fondamentale come mr. Hackett rieseguire (in maniera pressoché perfetta) i grandi pezzi della mitologia del progressive fa veramente venire i brividi.
Nota di merito per il singer
Nad Sylvan, dotato di una voce sbalorditivamente simile a quella del Peter Gabriel degli anni che furono, coadiuvato, peraltro, da una line-up che esegue in maniera perfetta i brani dei Genesis, con un rispetto ed un amore per quella musica che trasuda da ogni singola nota, anche quando (raramente) gli arrangiamenti si permettono di uscire dal seminato. La presenza di alcuni guests del calibro di Wetton o Stolt non fa che arricchire il menù, regalandoci un doppio cd live di qualità, e dal forte significato storico.
Spero vivamente che Steve Hackett, qui autore della solita prestazione maiuscola, torni presto in studio per scrivere della nuova musica. Nonostante qualche alto e basso in carriera, riconosco al chitarrista un incredibile gusto compositivo, che ha fatto la fortuna di una delle bands più importanti del pianeta progressive. Chapeau.
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