Tra i fans del neo-seventies rock, non tutti apprezzano il trio tedesco dei Kadavar. Forse perché appaiono più settantiani dei gruppi anni ’70, infatti usano esclusivamente strumentazioni vintage ed esteticamente sembrano appena usciti dal concerto di Woodstock. Ma ciò che più colpisce è il loro stile, tutto intento a ricreare in modo perfetto l’atmosfera di quell’epoca lontana. E quale modo migliore per riportare indietro le lancette del tempo, di un bel disco dal vivo?
Settanta minuti di show, registrati non in una tentacolare metropoli ma in un piccolo centro periferico come Antwerp, posto quasi sempre bypassato dai grandi tour milionari. Piccolo locale a stretto contatto col pubblico, situazione ideale per esprimere tutto il potenziale dei Kadavar, un potente hard-groove innervato da venature acide. I brani comunque non sono soltanto un pretesto per lanciarsi in trip cosmici (anche se certo questi non mancano, vedi Broken Wings) o solismi debordanti, anzi propongono riff ben congegnati e parti vocali che agganciano facilmente l’ascoltatore.
Nell’insieme, una volta superata la sensazione del disco recuperato dalla polvere del tempo, piacevole o meno a seconda dei gusti, siamo di fronte ad un buon album hard/psych rock che sazierà i cultori del genere.
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