Witches of Doom, formazione italiana, propone un album dai toni abbastanza variegati, cosa che rende più difficile la collocazione in un filone preciso. Sicuramente c’è una base metal dai toni profondamente dark, che riporta ai primi Paradise Lost o a Danzig (Witches of doom, Dance of the dead flies), così come momenti doomeggianti alla Type 0 Negative (Rotten to the core) e spunti di heavy rock granuloso (The betrayal).
Talvolta l’uso delle tastiere addolcisce l’atmosfera, mentre le linee vocali sono per lo più impostate su toni pacati e profondi alla Peter Steele. In coda, il brano più sperimentale: la dilatata “Obey” dove emergono anche profumi orientali.
Il gruppo ha puntato su uno stile pulito, con cura degli aspetti melodici e dell’atmosfera ammantata di tenebra. Forse lo stile oscilla ancora troppo tra le varie influenze della band, creando un po’ di chiaroscuri, ma per tutto il resto la prova è più che sufficiente.
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