Gli
Hydra Project nascono da un’idea di Dario Giannì (fondatore del gruppo rock siracusano Hydra, da cui prende il nome il progetto), il quale si circonda di valenti esecutori affini alla sua sensibilità musicale per affidare a questo “After the sea” tutto l’amore per un
rock progressivo ad ampio spettro, influenzato tanto da Genesis e Marillion quanto da Dream Theater e Shadow Gallery.
Il risultato complessivo manca un po’ di coesione, forse anche per il numeroso “personale” coinvolto, ma piace parecchio il gusto con cui vengono realizzate queste sei mutevoli composizioni capaci di spaziare (dopo l’epica intro) dall’intensità esotica della
title-track alle spigliatezze vagamente “alternative” di “Some fires”, mantenendo costantemente focalizzazione e forza espressiva.
Tra i due estremi del programma, si collocano, poi, un gradevole episodio di
prog-metal maggiormente rigoroso intitolato “This place needs revolution”, un’eccellente dissertazione d’ispirazione “neo-romantica” come “Free forever” e, soprattutto, un gioiellino di enorme suggestione denominato “Song for nothing”, in cui la garbata voce di Giulia Parisi e il delizioso sax di Bruno Ceretto aleggiano su una fascinosa struttura armonica estremamente raffinata e di straordinaria poeticità.
Un dischetto piuttosto intrigante, dunque, pensato, scritto, suonato e arrangiato con una certa cura e con intelligenza, che incoraggia gli Hydra Project a proseguire nel percorso creativo intrapreso, aspirando a una proposta sempre più matura e organica.
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