Mettiamola così: quando arriva in Europa un album già pubblicato un anno prima negli States e con addosso l'etichetta di "New Sensation" del rock, il recensore sgamato parte un attimino prevenuto. Se la Eleven Seven Music ce ne propone addirittura due nel giro di poco tempo, la prevenzione è quantomeno d'obbligo.
Nothing More prima,
Pop Evil ora. A questo giro nessuna frase di circostanza da parte di Kovac (se avete letto la recensione dei Nothing More sapete di cosa sto parlando), un volo un pochettino più basso, eppure il risultato finale devo dire che è leggermente migliore per questo quintetto proveniente dal Michigan, capitanato da quel
Leigh Kakaty che i più attenti di voi ricorderanno in "Ace Ventura: Missione Africa".
I Pop Evil, tanto per confermare il proprio moniker ossimorico, propongono un bel rock intenso e diretto figlio del post-grunge d'inizio millennio, fatto di riffoni granitici e una voce aggressiva e piena, senza però mai dimenticare una dose importante di melodia e di attitudine radio-friendly. Qualcuno ha detto Staind? Si dai, ci siamo, anche se i Pop Evil ci tengono maggiormente a far sentire le proprie radici del nord degli Stati Uniti, non cadendo quasi mai nel vortice del brano malinconico ma mantenendosi sempre su ritmi elevati e sufficientemente scanzonati. I paragoni si sprecano: 3 Doors Down, Shinedown, Sevendust e chi più ne ha, più ne metta. Aggiungo che Kakaty spesso tende ad avere una voce molto simile al buon Rob Zombie, nell'accezione più positiva possibile del paragone.
Unico difetto del disco, come non mi stancherò mai di ripetere, è l'eccessiva lunghezza, anche se va detto che gli ultimi 3 brani sono in realtà facenti parte del penultimo lavoro della band, aggiunti appositamente in questa versione europea di "
Onyx". Aggiunta che ritengo comunque evitabile, ma è una mera questione soggettiva che non voglio andare eccessivamente a discutere.
Pop Evil alla conquista dell'Europa insomma, con un sound moderno ma che non scorda le proprie radici settantiane e ottantiane. "Onyx" è un ottimo compendio della carriera della band del Michigan, che se manterrà questi livelli può decisamente ritagliarsi uno spazio importante tra i grandi nomi del panorama. Decisamente promossi!
Quoth the Raven, Nevermore..
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