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Info

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Anno di uscita:1997
Durata:52 min.
Etichetta:Underground Symphony

Tracklist

  1. CRUSADER
  2. THE SWORD'S LAMENT
  3. SYNCHRONICITY AT MIDNIGHT/A BAYING OF HOUNDS
  4. IMPRISONED WITH THE PHARAOHS
  5. THE FINAL INCANTATION/IN THE DREAMING CITY
  6. IN FATE'S EYE A KING
  7. BORN OF THE CAULDRON
  8. UNHOLY SANCTUARY

Line up

  • Danny White: vocals
  • Howie Bentley: guitars
  • Shawn Kascak : bass
  • Bill Parsons: drums

Voto medio utenti

Ci sono dischi che sembrano usciti fuori da un buco temporale, a volte ci si interroga in maniera anche minuziosa su chi ha influenzato chi in un particolare genere, abbiamo sempre la necessità di trovare un appiglio al passato per giustificare il presente. Ma tutto questo lavoro in alcuni casi (non molti a dire il vero) viene vanificato, perché quello che uno ascolta è talmente trasversale da non avere una data anagrafica temporale ma forse una spirituale, un “imprinting” di ogni ragione, energia e motivazione che spinge la musica Metal dal suo inizio. Questo è uno di quei casi, “Born Of The Cauldron” dei Cauldron Born e mai nome fù più appropriato.

Nati per idea e per il talento di Howie Bentley, chitarrista anomalo e tecnico che usa la sua sei corde per creare evocazioni immaginifiche più che per trascinare l’ascoltatore o esibirsi in difficilissimi tecnicismi, sono attivi fin dal 1994 e possono essere considerati come gli ultimi figli legittimi del più alto lignaggio dell’US metal insieme a band quali New Eden, Jacobs Dream o Twisted Tower Dire. Uscito fuori dal “calderone” nel 1997 grazie alla nostra mai troppo lodata Underground Symphony di Maurizio Chiarello, in piena esplosione del power europeo tra Blind Guardian, Gamma Ray, Stratovarius e i nostrani Rhapsody, "Born Of The Cauldron" non né sposa le sonorità anzi si tiene lontano da questo “nuovo modo di intendere il true metal”, quasi con la paura di esserne contagiato e questo già la dice lunga sul contenuto del disco.

Cosa troverete allora in questi 8 solchi? Sarebbe fin troppo facile dire Iron Maiden, Mercyful Fate, primissimi Fates Warning, Helstar o anche Candlemass, perché c’è molto di più di questo, perché me lo si conceda, né i Maiden, né i Marcyful Fate, né gli Helstar hanno mai inciso musica del genere. Troverete ogni frammento ogni emozione ogni sfumatura che vi affascina della musica pesante, come si possano usare degli strumenti musicali per creare immagini mentali al di là del mero concetto di canzone fine a se stesso. Troverete il grande amore di Bentley per la letteratura fantastica di Robert Howard, di H.P. Lovecraft, di Michael Moorcock e mi chiedo se esistano temi più metallici di questi. Troverete un’interpretazione vocale di Danny White (un Tate degli esordi, ma meno potente e più espressivo) al limite tra il canto e il teatro, un antico cantastorie in grado di incantarci davanti ad un fuoco in un gelido inverno, ascoltatelo in “Unholy Sanctuary” per credere.
Dal punto di vista strettamente strumentale, i Cauldron Born ci deliziano con continui cambi di tempo, di umore, attraverso accelerazioni ora e rallentamenti poi, ci spiazzano a volte con stop and go fulminei e la cosa entusiasmante che tutto questo risulta assolutamente fluido e mai scade nel complicato, ma è certo che la nostra mente deve lavorare per comprendere le note suonate dai quattro, l’ascolto non sarà mai passivo e una vera opera d’arte che si definisce tale a questo deve arrivare, deve rendere assolutamente partecipe il suo fruitore e non semplice spettatore. Tutto questo viene abbracciato da un’imponente aurea oscura che getta la sua inquietudine su tutto il platter. La perfetta sintesi di quanto detto la troviamo nel brano “An Fate’s Eye A King”.

Mi si permetta di scrivere qualcosa anche riguardo al modo di Bentley di scrivere musica, il suo punto di inizio non è il riff o la melodia o il testo, bensì è il MONDO che lui immagina dentro di sé ispirato dagli autori di cui sopra, quindi la musica diventa solo un media con cui possiamo entrare nella sua mente e percepire le sue stesse sensazioni, la title track è illuminante al riguardo, sono pochi quelli, nella storia della nostra musica, a cui è dato fare ciò, un altro è Mark Shelton dei Manilla Road.

Come valutare quindi “Born of The Cauldron” nel vasto panorama metal? Me lo sono chiesto spesso mentre scrivevo questa recensione e la risposta è che non OSO valutarlo numericamente anche per rispetto di Mr. Bentley e credo che lui sarebbe d’accordo, lascio la valutazione artistica ad ognuno che si vorrà cimentare con quest’opera, ma l’impressione iniziale di un disco al di fuori del tempo è in me sempre più presente.

Vorrei concludere questa breve analisi della musica dei Cauldron Born appropriandomi e scomponendo un pensiero del grande Hermann Hesse espresso nel sua saggio “Una Biblioteca della Letteratura Universale”: “non è importante quanti dischi uno abbia sentito nella sua vita, non è importante se uno abbia sentito i grandi capolavori del genere o quelli ritenuti tali; l’importante è fare realmente nostro un disco, conoscerlo cosi come si deve conoscere una persona prima di stimarla o amarla, non bisogna aver fretta di ascoltare tutti i dischi perché il più grande piacere che una persona può avere è quello di scoprire qualcosa di bello che lo arricchisca dentro aiutandolo a formarsi come individuo”.

Al cospetto di ciò, mi sento di dire a tutti coloro che non hanno ancora ascoltato questo disco, che sono terribilmente invidioso di ognuno di voi.

A cura di Andrea “Polimar” Silvestri
Recensione a cura di Ghost Writer

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Ultimi commenti dei lettori

Inserito il 23 set 2014 alle 15:02

Bravo! Si sente che è scritta con testa e cuore

Inserito il 22 set 2014 alle 20:38

Tutti troppo buoni, sono orgoglioso di aver dato qualcosa di mio a questo meraviglioso sito. Ascoltate il disco, che merita!!!

Inserito il 22 set 2014 alle 13:01

scroscianti applausi per il recensore *__*

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