Copertina 8,5

Info

Genere:Death Metal
Anno di uscita:2014
Durata:non disponibile
Etichetta:Unique Leader Records

Tracklist

  1. IN MY LAND I WAS A SNAKE
  2. THE SOMBER EMPIRE
  3. COBRA VERDE
  4. SALT IN MARTYR'S TEAR
  5. SINISTER AND DEMENTED
  6. DESOLATION WITHIN
  7. ALONEST OF THE ALONE
  8. ADJINAKOU
  9. THE LAST AND ONLY SON (RIPPING CORPSE COVER)

Line up

  • Enrico "H." Di Lorenzo: vocals
  • Enrico Schettino: guitars
  • Giulio Galati: drums
  • Stefano Franceschini: bass
  • Antonio Poletti: guitars

Voto medio utenti

In questo autunno metallico la violenza non manca di certo, non si sa quasi cosa scegliere tanta è l'abbondanza di ottime proposte in campo estremo. Ad aggiungersi a questa striscia di brutalità, abbiamo oggi gli Hideous Divinity, fenomenale band romana che, dopo l'ottimo esordio di un paio di anni fa, torna ancora più matura per consegnarci un signor disco: tecnico, cattivo, ma anche intelligente.

Proseguendo il sodalizio tra musica e cinema iniziato con Obeisance Rising (legato ad Essi Vivono di John Carpenter), anche il nuovo Cobra Verde è un concept album, basato sull'omonima pellicola di W. Herzog. Non temete, qui non c'è spazio per partiture sinfoniche, orchestrazioni o simili abomini, la musica della band è un death metal altamente tecnico che bada, però, alla composizione di canzoni che possano trasmetterti qualcosa, sia esso uno stato di inquietudine, cattiveria, paura o disperazione. Non essendo degli sbarbatelli ma ragazzi con le idee chiare, cresciuti sani e robusti con un'alimentazione a base di pane e detah metal di maestri come Gorgasm, Hour of Penance (di cui Enrico Schettino è stato chitarrista), Deeds, of Flesh ma soprattutto Origin e Nile, gli Hideous Divinity usano ogni mossa consentita per -adoperando le loro parole- "catapultarci negli abissi dell'animo umano".

Ecco che le otto canzoni dell'album (più The Last and Only Son, cover dei Ripping Corpse), sono tanto annichilenti quanto distinguibili e sensate, merito di un songwriting d'alta classe che evita sbrodolamenti tecnici, concentrandosi piuttosto su composizioni che ti abbracciano, ti stritolano come le spire di un serpente. I pezzi, registrati in modo ottimale, hanno una spinta spaventosa: (ultra) velocità e precisione sono bisturi al servizio del male ed il truce cantato di Enrico utilizza quegli accorgimenti necessari per rimanere potente, convincente e non scadere nella monotonia. A proposito di cantato, c'è da segnalare la presenza di Dallas Toler-Wade (Nile), ospite su The Alonest oh the Alone, che interpreta con convinzione la sua parte, dando un senso al brano, non limitandosi a buttare lì due urla tanto per fare. Ma è anche con l'inserimento di parti rallentate (più presenti che in passato) e di qualche breve dialogo ed effetto estratto dal film (posizionato nei punti giusti) che le canzoni, dopo qualche ascolto, ti possiedono e proiettano la mente nel buio.

Dato l'alto tasso tecnico e l'estrema perizia, più volte lungo l'ascolto viene da chiedersi se questi ragazzi siano affetti da malformazioni, tipo otto dita per mano, oppure (come nel caso del batterista) una coppia di braccia in più tipo Goro di Mortal Kombat. Cose che solo una radiografia può chiarire.

Tornando seri, a noi non resta che partire per un viaggio allucinante, tanto potente quanto oscuro e spaventoso: un ascolto obbligatorio per gli amanti del death metal e delle band sopracitate.
Altra tacca da segnare di un'annata eccellente.



Recensione a cura di Francesco Frank Gozzi

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