Dopo un discreto numero di anni di passione
rockofila alle spalle, gli ultimi dei quali caratterizzati dall’inebriante possibilità di studiare con dovizia l’
underground e diffondere pensieri e opinioni grazie alla più
gloriosa webzine dell’universo, sono giunto alla (fallace?) conclusione di aver sviluppato una sorta di piccolo “sesto senso”, capace, ancor prima di aver recepito una sola nota delle loro fatiche artistiche, di identificare i gruppi “emergenti” in grado di sollecitare il mio interesse.
Questo non mi ha ovviamente preservato, giunti alla prova dei fatti, né da
clamorose cantonate e né da
graditissime sorprese, e tuttavia abbastanza spesso dare retta a quella “vocina” che, fin dall’analisi “visiva” di un disco ti suggerisce un suo immediato ascolto, si è poi risolto in una circostanza gratificante sotto il classico profilo delle soddisfazioni
cardio-uditive.
Prendete questi
Bornidol, nonostante la pronuncia italiana del loro
monicker mi avesse fatto pensare un po’ alla denominazione di un farmaco antalgico (!?!), osservando la suggestiva copertina e i titoli dei brani di questo “Bornidol 2” mi ero istintivamente predisposto a un’esperienza sonora stimolante, fortunatamente confermata da una quarantina di minuti di vibrante e fosco
hard-prog, figlio “legittimo” tanto di Deep Purple, Warhorse e Uriah Heep, quanto della grande tradizione italica del genere, sostenuta da “gente” come Biglietto Per L’Inferno, Il Balletto Di Bronzo, Le Orme e Nuova Era.
Il tutto intriso da una dose di “carisma” tale da allontanare i bresciani da ogni eventuale accusa di “eccessiva devozione”, consegnandoli alla congestionata scena contemporanea con le sembianze di una formazione piuttosto “colta” e tecnicamente preparata, molto abile nella stesura di evoluzioni soniche intriganti, volubili e fluide, in cui il contributo di cadenze drammatiche (con un pizzico di Atomic Rooster nell’impasto) arriva a tonificare ulteriormente un impatto emotivo assai intenso e appagante.
“Mezzaluna” rappresenta un ottimo esempio di proficua sinergia tra concretezza (
hard) e magia (
prog), “War” aggiunge allo scenario adescanti bagliori
dark-wave (PFM
meets Litfiba?), e mentre “Sognare ... viaggiare ...” favorisce l’aspetto più “onirico” e lirico della questione, tocca a “Prologo”, “La tempesta” (bellissima!), “I banchettatori di corte” e “Demoni” imporsi sfruttando un sottile filo d’inquietudine e l’atavico richiamo “dell’oscurità”, conquistando fatalmente i sensi con una fascinosa miscela di
pathos e ispirazione.
La revoca di qualche imprecisione vocale (rilevabile in “Sognare ... viaggiare ...”, per esempio) e la ricerca di un’ulteriore “caratterizzazione” complessiva costituiscono i miglioramenti su cui concentrarsi per il “futuro” di una
band dal “presente” già parecchio prospero e convincente ... complimenti ai Bornidol (
ehm … anche per non aver mortificato il mio “istinto” …) e grande attesa per le loro prossime mosse.
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