Copertina 6

Info

Anno di uscita:2013
Durata:non disponibile
Etichetta:Indie

Tracklist

  1. GHOST VILLAGE
  2. BENEATH THE GROUND
  3. HAPOOR
  4. THE SHIP OF FOOLS

Line up

  • Alessio Re: bass, vocals
  • Amilcare Portinaro: guitars
  • Andrea Mastroiacovo: guitars
  • Josh Vilella: drums

Voto medio utenti

Ogni mattina, in Africa, un elefante si sveglia e sa che dovrà correre più dei bracconieri che lo stanno inseguendo, altrimenti son cazzi per tutti. Si perchè Hapoor è il nome di un leggendario elefante africano, il quale, dopo essere stato colpito ad un orecchio da un colpo di fucile, passò al lato oscuro e distrusse ogni cosa gli si parase davanti, prima di venire abbattuto.

Uscito lo scorso anno ma pervenutoci tra le mani solo in questo 2014, "Hapoor" è anche il nome del secondo EP dei torinesi Shadows in Heaven, che fa seguito a "From the Depth", uscito nel 2009 e già recensito su queste pagine.
Da quell'EP la formazione è cambiata per metà e ora sono i soli Alessio e Amilcare a portare avanti quanto iniziato nel lontano 2006, anno di formazione della band.
Cos'è cambiato? Beh musicalmente gli Shadows In Heaven hanno mantenuto quasi intatte le coordinate di 5 anni fa, barcamenandosi principalmente tra il death melodico e lo stoner, con una spruzzatina di moderno metalcore, mai troppo pressante.
I 4 brani che compongono l'EP sono sicuramente figli di un songwriting più maturo rispetto al passato, le varie componenti si alternano in maniera più che adeguata e le composizioni risultano piacevoli e cariche della rabbia di Hapoor.
Il problema è fondamentalmente solo uno: la voce. Non perchè sia brutta, anzi. Alessio è un buon vocalist, dotato di un timbro molto particolare, graffiante e gutturale, non ascrivibile né a un growl né a uno scream né tantomeno a una voce pulita. Il problema è che questo timbro particolare risulta adattissimo alle parti più stoner e southern rock ma molto, molto, moltissimo meno alle parti più melodiche, rendendo addirittura fastidioso l'ascolto.

"Hapoor" degli Shadows in Heaven è globalmente un lavoro positivo e sufficiente, senza alcun dubbio, che sarebbe potuto essere valutato ancora meglio tramite uno sdoppiamento delle parti vocali e/o una virata decisa verso lo stoner, abbandonando le parti melodiche.

Quoth the Raven, Nevermore..
Recensione a cura di Andrea Gandy Perlini

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