Copertina 7,5

Info

Genere:Power Metal
Anno di uscita:2003
Durata:52 min.
Etichetta:Noise
Distribuzione:Self

Tracklist

  1. PROLOGUE
  2. CENTER OF THE UNIVERSE
  3. FAREWELL
  4. INTERLUDE I
  5. THE EDGE OF PARADISE
  6. WANDER
  7. INTERLUDE II
  8. DESCENT OF THE ARCHANGEL
  9. INTERLUDE III
  10. A FEAST FOR THE VAIN
  11. ON THE COLDEST WINTER NIGHT
  12. LOST & DAMNED
  13. HELENAS THEME
  14. INTERLUDE IV
  15. THE MOURNING AFTER
  16. III WAYS TO EPICA

Line up

  • Roy Khan: vocals
  • Thomas Youngblood: guitars, backing vocals
  • Glenn Barry: bass
  • Casey Grillo: drums
  • (Miro: keyboards and orchestral arrangements)

Voto medio utenti

Sesto album per gli ormai celebri Kamelot, questa volta alle prese con un ambizioso quanto efficace concept album basato sul “Faust”. Dopo il buon exploit di “Karma”, del 2001, la band ha deciso di compiere un ulteriore passo in avanti dedicandosi alla composizione di questa opera particolare e affascinante, che non concede un attimo di pausa durante i suoi oltre 50 minuti di durata. Diciamolo subito, l’album è dannatamente bello, anche se non certo rivoluzionario, e saprà senz’altro farsi apprezzare. “Epica” è un titolo che non deve fuorviare chi in questo termine vede un tipo di metal “alla Manowar”, poiché si tratta di tutt’altro stile di musica: metal, sì, spesso molto veloce e molto incisivo (prova ne siano i due brani posti subito dopo lo spettrale “Prologue”, ossia “Center Of The Universe” e “Farewell”) ma anche e soprattutto melodia a profusione, ricchi arrangiamenti di chiarissimo stampo sinfonico e alcuni interessanti esperimenti strumentali. Questo è un album pervaso dall’inizio alla fine da un’aura quasi mistica, evocativa, un album che definire semplicemente di “power metal” sarebbe estremamente riduttivo. La vera forza di “Epica” sta negli arrangiamenti, eccellenti, maestosi e curati in maniera maniacale, così come l’ottima e cristallina produzione ad opera dei soliti Sascha Paeth e Miro. Un’arma, questa, seducente ed efficace ma forse un po’ pericolosa, se si pensa alle indubbie difficoltà che sorgeranno una volta che si dovranno presentare i brani di “Epica” dal vivo.
Per adesso, caliamoci senza timori nella storia di Ariel e della sua ricerca della verità, lasciandoci trasportare da queste undici corpose canzoni (undici più un intro e quattro interludi splendidamente composti e perfettamente calati nel contesto, in particolare ”Interlude II – Omen”).
Tutto il gruppo appare in forma, ma soprattutto Roy Khan in questi brani dimostra ulteriormente di essere uno dei migliori cantanti metal dell’ultimo decennio, un vocalist che non si è mai limitato solo a sparare acuti come la quasi totalità dei suoi colleghi in ambito power, ma che ha sempre, intelligentemente, dato più spazio all’interpretazione e all’emozione. Chi non ci crede, vada ad ascoltare “Wander” o “On The Coldest Winter Night”, due squisite ballate in cui Roy offre il meglio della sua capacità di interpretazione. Volendo menzionare altri brani degni di nota, non si può non citare “Lost & Damned”, una canzone dinamica ed estremamente interessante grazie alla presenza addirittura di una fisarmonica e di un andamento per certi versi simile al tango. Di pari valore è sicuramente “Helena’s Theme”, brano corto ma particolarissimo, dominato esclusivamente dagli archi, dalle tastiere, dai rumori della natura e soprattutto dalla bella voce della cantante lirica Mari. Se poi qualcuno si stesse chiedendo che fine abbia fatto il metal, la risposta arriverebbe immediatamente dopo con “The Mourning After”, pezzo plumbeo e cadenzato con un ritornello di sicuro effetto, per non parlare della conclusiva “III Ways To Epica”, taglientissima nel riff principale, veloce e melodica nel refrain.
Ad ogni modo, ritengo che con un tipo di album come questo sia difficile e forse perfino sbagliato parlare dei singoli brani: “Epica” è un album che va ascoltato, riascoltato, assimilato e soppesato, prima di poter esprimere un qualsiasi giudizio in merito. Dopo una serie di ascolti, mi sembra di poter individuare una moltitudine di pregi e anche qualche difetto, principalmente la presenza di un senso di già sentito in alcune parti che mi induce a considerare questo come un album stupendamente realizzato ma non del tutto originale in termini di contenuti. Rimane tuttavia da sottolineare l’enorme lavoro svolto in sede di arrangiamento e di produzione, che rende speciale “Epica” e che costituisce un valido incentivo all’ascolto.
Come già affermato in precedenza, i fans dei Kamelot possono comunque stare tranquilli, poiché lo stile del gruppo è sempre ben presente e ben riconoscibile, e chi sarà in grado di non fermarsi ad un primo superficiale ascolto, penso che potrà trovare in “Epica” un’opera in grado di regalare parecchie emozioni positive. Peccato solo per qualche piccolo segno di cedimento ogni tanto, ma questa per i Kamelot è sicuramente la strada giusta e chissà che il prossimo album non sia davvero il loro capolavoro definitivo.
Recensione a cura di Michele 'Freeagle' Marando
The Epic Center of the Universe

Il picco della trilogia epic-power-symphonic con "Karma"&"The Fourth Legacy",poi la discesa. Concept faustiano affascinante tradito in seguito dalla sopravvalutata seconda parte "The Black Halo".Capolavoro a metà perché non adeguatamente completato dal sequel.In ogni caso tutto suona alla grande su questo magico album pieno di creatività e melodia dirompente.La Nuova Dimensione del Metal Melodico(l'inserzione pubblicitaria dell'epoca).

Bellissimo!!!

Insieme a Fourth Legacy e Karma rappresenta l'ideale trilogia dei Kamelot migliori. Poi inizierà la discesa. Disco da avere.

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