Copertina 7

Info

Genere:Guitar Hero
Anno di uscita:2005
Durata:52 min.
Etichetta:Favored Nations
Distribuzione:Audioglobe

Tracklist

  1. COUNT THE CHICKENS
  2. AS TOLD BY
  3. A FRENCH CORRECTION
  4. MURPHY'S PAW
  5. FAVOURITE THINGS
  6. AFTER YOU, AFTER ME
  7. D.I.Y.
  8. SPANISH TEARS
  9. STAGE FRIGHT
  10. WINTER SNOWSCAPE
  11. NELLY RETURNS
  12. CELESTIAL SERVINGS
  13. I RAISE MY GLASS TO YOU!
  14. DON'T SAY A WORD

Line up

  • Martin Barre: guitars, mandolin, bouzouki, flute
  • Darrin Mooney: drums
  • Jonathan Noyce: bass
  • Andrew Giddings: keyboards
  • Simon Burret: vocals (track 14)

Voto medio utenti

Terzo disco solista per Martin Barre, chitarrista dei gloriosi Jethro Tull, accompagnato in questo viaggio da Darren Mooney alla batteria (Primal Scream, Gary Moore) e dai suoi fidi compagni nei Jethro Tull Jonathan Noyce al basso e Andy Giddings alle tastiere. Inoltre nell'album compare anche una song cantata("Don't Say A Word") in cui a prestare la voce troviamo Simon Burrett, un amico di Barre residente a Devon (England): città in cui è stato registrato l'album. "Stage Left" è stato interamente interamente scritto da Martin Barre, che è anche co-produttore insieme a Mark Tucker.
"Stage Left" è nell'insieme un album molto raffinato, ricercato e qualitativamente all'altezza della fama che questo artista si porta sulle spalle dopo 35 anni di onorata carriera con i Jethro Tull. Infatti nel corso dell'album troviamo Barre alle prese con svariati strumenti diversi tra cui il mandolino e il bouzouki, oltre a una serie innumerevoli di differenti chitarre usate nelle varie tracks come ad esempio la Gibson Les Paul Junior (già utilizzata da Barre nel mitico album "Aqualung" dei JT), la Taylor acustica, la Manson Raven classica, la McCollum acustica, la Hamer Custom, la Fender Mustang e l'immancabile Fender Stracocaster usata, manco a farlo apposta per la Gilmouriana "Celestial Servings".
La track che apre questo lavoro ("Count The Chickens") potrebbe sviare quelle che sono le vere linee guida dell'album, vale a dire che nonostante il suo groove rock easy listening e le sue scale sostenute il resto dell'album si sviluppa su temi più acustici e talvolta rock progressive. La conferma arriva proprio dalla successiva "As Told By" (da Barre considerata insieme ad "After You, After Me" il suo pezzo preferito e più riuscito dell'album) dove un soave arpeggio di acustica introduce una sognante melodia che come un nirvana riesce ad estranearti dal mondo circostante per farti volare col pensiero su incantevoli lande incontaminate. "Murphy's Paw", "A French Correction", "Stage Fright" e "Nelly Returns" sono gli episodi più progressive, interpretati con la solita maestria tecnica e pulizia del suono. Proprio in queste songs risalta il notevole apporto dei grandi musicisti che hanno partecipato all'album: il basso di Noyce è sempre preciso e il suono di grande impatto, così come la batteria di Mooney e i delicati inserti tastieristici di Giddings. Di grande impatto melodico la song "After You, After Me" con un Barre molto più attento alla musicalità della canzone nell'insieme che a sfoggiare la sua tecnica. Proprio questo fattore rende "Stage Left" ascoltabile da chiunque, anche da quelli che trovano noiosi o incomprensibili gli album dei guitar-heroes; infatti qui non troviamo parti con assoli da cinque minuti, nè scale ultra-veloci che si ripetono all'infinito, ma solo canzoni: semplici, comunicative e raffinate. In definitiva "After You, After Me" è una canzone bellissima! Vagamente spagnoleggianti "D.I.Y." (in cui Barre si esibisce con il mandolino) e "Winter Snowscape". Per questi episodi si può addirittura azzardare ad un accostamento con i grandi Al Di Meola e Paco De Lucia, anche se Barre va più alla ricerca della melodia mentre questi ultimi hanno una suono più forsennato votato di più al virtuosismo individuale. "Spanish Tears" è un altro ottimo esempio di come Barre riesca a trasmettere la sua passionalità attravero la sua musica: la prima parte di questa song è lenta e riflessiva con una melodia realizzata con la chitarra classica al confine tra il celtico e la musica popolare, nella seconda parte invece Barre esprime le stesse melodie ma con ritmi progressive più sostenuti e con un suono più elettrico. Davvero un ottimo episodio.
"Don't Say A Word", la song che chiude l'album, dove troviamo alla voce Simon Burrett è un classico esempio di rock-progressivo con la Fender Mustang di Barre che spadroneggia disegnando dei bellissimi ed elaborati riffs elettrici, inoltre vorrei fare una particolare menzione a questo cantante molto dotato la cui voce ricorda molto il cantato del grande Paul Wrightson, cantante degli Arena ai tempi del loro capolavoro "The Visitor".
Un buon album questo "Stage Left" di Barre, molto fine ed evocativo, anche se personalmente ritengo che avrebbe potutto avvalersi della gran voce di Simon Burrett in qualche altra song, ma credo che l'intento di Barre sia stato quello di dar voce essenzialmente alla sua chitarra.
"Stage Left" è per palati fini, per i cultori della chitarra ai quali non interessa lo shred e per i fans dei Jethro Tull che potranno trovare in questa musica qualche analogia con la loro band preferita o più semplicemente per la stima e l'affetto che nutrono nei confronti di questo grande musicista.
Una piacevole curiosità: nel booklet sono raffigurate tutte le chitarre e gli altri strumenti utilizzati da Barre nell'album, e ad ogni canzone è associato il relativo strumento con apposita descrizione dello stesso.
Recensione a cura di Emanuele Goffo

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