Principalmente nati come Pink Floyd cover band, la band bavarese giunge alla quarta release (compresa "Stock", collezione di inediti registrati per l'occasione in surround 5:1), disponibile anche in limited edition con bonus track e registrazione in SACD. "WTME" è un lavoro sofisticato di atmospheric-melodic-prog-ambient-psychedelic-space rock, con uno stile che, seppur alquanto personale, richiama in primis Pink Floyd e Beatles. I primi omaggiati da un abbondante uso di slide guitars, già subito presenti nell'opener "Sleep" (dove a metà brano si rischia quasi il plagio con un passaggio molto simile ai Pendragon di "The world").
Uno dei più grandi difetti sta nell'eccessiva durata di alcune songs, ad esempio "Everything was not enough", troppi 8 minuti per un brano si' bello e melodico ma senza troppi sviluppi (notare i sottofondi di tastiere alla "Strawberry field forever" dei Beatles) o "3 Lights", con un inizio acustico di circa 3 minuti stupendo nella sua parte corale che si sviluppa tramite una serie di effetti sonori (rumori di strada), intervengono poi sintetizzatori, pianoforti, tastiere simil Arena-Ayreon in un crescendo che vede protagonista assoluto un guitar solo di floydiana memoria tra tappeti sonori, eccellenti drumming ed effetti vari (anche un breve accenno del mitico intro di "Subterranea" degli IQ a fine brano), per non parlare degli eccessivi 10 minuti della title track, aperti con sonorità ambient e uso di sitar ("Le Orme" insegnano), influenze più moderne (Porcupine Tree), un keyboard solo alla Manfred Mann accompagnato da un potente drumming, impasti melodici corali ed ancora uno strepitoso guitar solo finale.
Tra i brani più "diretti","Wasted land" (anch'essa introdotta dal sitar) contiene, specie nell'uso delle chitarre, elementi riconducibili ai primi U2, mentre "Day on my pillow", con la sua melodia aggraziata e tenue impreziosita da cori suadenti, richiama ancora il mitico quartetto di Liverpool, una di quelle canzoni che ascolteresti in qualunque momento della giornata.
"Roses" merita un discorso a parte: il singer, tastierista e produttore Yogi Land, in occasione di uno dei concerti tedeschi dei Genesis con Ray Wilson alla voce rimane così impressionato che, insoddisfatto del suo cantato, contatta il vocalist scozzese che si dimostra onorato dell'invito, nasce così un brano che, magari come singolo al posto di "Congo", avrebbe reso più credito ai Genesis dello sfortunato e sottovalutato "Calling all station". La voce di Ray sprigiona energia, vitalità e solarità tali da farci immaginare grandi spazi verdi e orizzonti infiniti, un brano melodico ed orecchiabile molto in stile anni '80, con un ritmo praticamente fisso su una base di tastiere ed un guitar solo finale che richiama un po' gli ultimi Marillion.
E' forse troppo presto per parlare di una "new wawe of prog rock"? Credo di sì, comunque gli RPWL sono sulla buona strada per distinguersi dal resto degli altri
gruppi del genere, a patto che non insistano con i brani troppo lunghi, l'ascolto di pezzi come "Roses"vale già i soldi spesi, se poi avete modo di trovarvi il 7 Maggio ad Ashaffenburg (Francoforte) con una fava prendete due piccioni: loro faranno da supporto agli Arena, quasi una sfida tra il new-prog più classico e quello contemporaneo.
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