Qualche passetto avanti per gli olandesi
Lord Volture che, grazie ad alcuni episodi come "My Sworn Enemy" (seppur
scippata prima ai Judas Priest e poi ai Primal Fear) o "Badajoz (1812)", fanno qualcosina in più rispetto al precedente "Never Cry Wolf".
Le coordinate musicali lungo le quali si mettono a scorrazzare non si sono, infatti, spostate di una virgola: sempre e comunque tra Judas Priest, Accept e Iced Earth, e se pur lo fanno con sufficiente vigore, manifestano una personalità al minimo sindacale e una cronica mancanza d'ispirazione.
I miglioramenti più rilevanti sono comunque da riconoscere proprio al cantante del gruppo, quel David Marcelis che nell'occasione riesce ad evitare gran parte delle trappole e dei tentennamenti patiti nel corso di "Never Cry Wolf". Certo, se la cava meglio sull'anthemica "The Pugilist" o sulla
speed & furious "Line ‘Em Up", rispetto al trovarsi alle prese con l'impegnativa titletrack o con "The Great Blinding" e soprattutto quando poi tocca a quella "Omerta", che già di suo pecca nel proporsi in uno dei refrain peggio riusciti tra tutti quelli ascoltati negli ultimi tempi.
I Lord Volture non si fanno mancare nemmeno degli special guests, e così dopo essersi potuti avvalere di Jeff Waters (sull'esordio) e poi di Sean Peck come ospite alla voce sul brano "Into the Lair of a Lion", si fregiano ora della presenza dell'ex Megadeth Chris Poland. Senza che questo possa comunque spingere a cambiare il giudizio nei confronti di un lavoro che mostra sì qualche miglioramento ma che resta ancora ben lontano dall'eccellenza.
Listen close what is this, not bird or plane
Could it be the review fucking with your brain
All it takes just one touch over one, two, three
With a flick of a switch turn on... Metal.it
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