Vederli nelle foto promozionali con le barbe incolte e un abbigliamento molto “casual”, alacremente impegnati a scartabellare tra le vaschette dei vinili (una pratica che adoro!), aumenta la simpatia “istintiva” che nutro per questi
Zodiac, facendomi dimenticare per un attimo che la riscoperta del
vintage è uno dei
trend principali dei nostri tempi e che incidere per un’etichetta importante come la Napalm Records implica probabilmente anche una certa attenzione nel campo dell’immagine e dello “stile”.
L’ascolto di “Sonic child”, poi, proprio com’era già accaduto con il precedente lavoro dei
rockers tedeschi (“A hiding place”), fuga qualsiasi residuo di
diffidenza, consegnando al mio apparato
cardio-uditivo una
band molto rigorosa e piuttosto spontanea, che oggi sembra voler lievemente accentuare la componente psichedelica del suo
hard-rock blues mescolando ZZ Top, Pink Floyd, Free, Greatful Dead, Thin Lizzy e James Gang, lasciando che siano la fremente chitarra Kossoff/Trower-
iana e la voce pastosa di Nick Van Delft a pilotare con padronanza e fascino una materia così “familiare”.
Riuscire a non essere troppo “banali” in tale contesto non è per nulla semplice e se alla fine il programma scorre piacevole, cagionando un notevole coinvolgimento emotivo, significa che l’ispirazione è consistente e che la forza espressiva è sufficientemente intensa da scongiurare l’effetto “parodia”.
E allora, senza troppe paranoie, immergiamoci in queste atmosfere sicuramente tradizionaliste e retrò, ma sempre dense, visionarie e passionali, un autentico lenimento per l’anima soprattutto quando il
groove diventa imperioso, come accade in “Swinging on the run” (da applauso il finale strumentale) e "Out of the city”, quando il
blues arriva a lusingare i sensi, alla maniera della
title-track (una “robetta” che potrebbe piacere pure agli estimatori dei Masters Of Reality) oppure allorché i suoni diventano maggiormente dilatati e fumosi, rendendo “Rock bottom blues” (con appena un pizzico di QOTSA nell’impasto) un bel viaggio verso la
cometa (giacché è così di moda ultimamente …) del sogno e dell’immaginazione.
Ai
fans delle cavalcate melodrammatiche di natura Thin Lizzy-
esca il quartetto di Münster propone “Holding on”, a chi ama le ambientazioni affrante e malinconiche dedica “Sad song” e il
delta-blues “cosmico” “A penny and a dead horse”, mentre “Good times” e la
ruffianotta “Just music” finiranno per ammaliare chi non disdegna trastullarsi con gagliarde e avvolgenti scosse
soul e
funky.
Una rivisitazione gradevole, dunque, per un gruppo di valore, sebbene ancora una volta non del tutto all’altezza dei migliori “restauratori” del settore.
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