In fatto di doom ritualistico, i parmensi
Caronte potrebbero tenere lezioni a tanti. Infatti il loro secondo album è un vero percorso alla ricerca dello spirito sciamanico, dell’atmosfera tribalistica, mistica, arcaica, partendo dal Libro dei Morti dell’antico Egitto e passando attraverso le civilta andine, i nativi americani, la cultura indiano-orientale, per giungere a quel sincretismo di religione, magia, superstizione e mistero che troviamo nelle pratiche voodoo. Affascinante.
Musicalmente, si tratta di un heavy doom/sludge cupo, opprimente, dai toni esoterici, fatto di ritmiche martellanti e riff alla Electric Wizard, forse il nome più adatto per accostare lo stile del quartetto italiano. Estremamente importanti le vocals di Dorian Bones, che riescono a catturare l’atmosfera visionaria dei riti condotti sul filo dell’ascetismo e delle sostanze psicotrope. I brani sono tutti molto estesi, ma reggono perché qui l’ossessività fa parte del progetto. Lentezze preparatorie ed esplosioni vibranti ci regalano intense emozioni: in particolare “Maa-Kheru’s rebirth”, “Watan Tanka riders” (la mia preferita..nda), la pachidermica e allucinata “The sulphur shaman” dove i toni vengono ancor più estremizzati, sul genere di Ramesses, Eyehategod e compagnia, ed infine la solenne e drammatica “Left hand voodoo”.
Lavoro non per tutti, ma di buon spessore.
Non è ancora stata scritta un'opinione per quest'album! Vuoi essere il primo?
Non è ancora stato scritto nessun commento per quest'album! Vuoi essere il primo?