Un concept su
Hänsel e Gretel?
Beh, se ritenete che black metal e fiaba formino un connubio peregrino, temo vi sfuggano le caratteristiche fondanti di un filone narrativo spesso e volentieri portavoce di tradizioni popolari oscure, inquietanti, macabre.
Ben lo sapevano gli allegri fratelloni
Jacob e
Wilhelm Grimm, cui va attribuito il merito di aver ripescato un delizioso racconto di abbandono, infanticidio e cannibalismo presumibilmente riconducibile al Medioevo.
Ben lo sanno anche i
Carach Angren, che dopo numerosi adattamenti per il grande schermo (un consiglio da amico: state alla larga dalla sciagurata reinterpretazione fornita nel 2013 dal regista
Tommy Wirkola in
Hansel & Gretel - Cacciatori di streghe), forniscono una colonna sonora alla fosca storia, aggiungendovi coloriture e tematiche più attuali -tra cui tossicodipendenza e violenza domestica-.
“
Colonna sonora”, in ogni caso, è la definizione chiave: l’opera ha un fortissimo carattere cinematografico, come da tradizione per il trio olandese.
L’apparato lirico riveste un ruolo davvero centrale: ci si accorge presto, infatti, come siano il dipanarsi della trama e gli stati emotivi dei protagonisti a determinare la progressione della tracklist e la struttura stessa delle singole canzoni.
Sotto il profilo musicale, poi, si è deciso d’imboccare con risolutezza la direzione della teatralità e della magniloquenza; se possibile, la proposta dei Nostri si è fatta ancor più sinfonica rispetto al precedente
Where the Corpses Sink Forever.
Pensate a un ipotetico punto d’incontro tra
Death Cult Armageddon (
Dimmu Borgir),
Midian (
Cradle of Filth) e, perché no,
Grand Guignol Book dei nostrani
Dark End, con una produzione molto carica, compressa e artefatta che al sottoscritto ha ricordato da vicino quella di
Puritanical Euphoric Misanthropia (sempre
Dimmu, lo sapete).
Con simili riferimenti il mio ruolo di recensore potrebbe dirsi già concluso: feeling gotico e pomposo al tempo stesso, grande enfasi sugli arrangiamenti, fiati, archi, keyboards e orchestrazioni abbondano lungo tutti i tre quarti d’ora di durata di
This Is No Fairytale, e tanto dovrebbe bastare. A voi scegliere se ciò costituisca pregio o difetto.
Dal canto mio, posso segnalare che l’album presenta grande compattezza in termini qualitativi: forse le iniziali
There’s No Place Like Home e
When Crows Tick on Windows hanno qualcosa in più rispetto alle successive, ma in generale non s’incontrano crolli clamorosi né picchi d’eccellenza.
Questo è quanto: se le coordinate musicali sopra tratteggiate non vi attraggono, lasciate pur perdere i
Carach Angren e la loro ultima fatica.
Se invece, come il sottoscritto, avete amato la scena symphonic di fine anni ’90 -pur riconoscendone l’ampollosità, l’incapacità di evolversi e la scarsa spontaneità che hanno condotto a un progressivo calo d’interesse per il genere- troverete di che godere in
This Is No Fairytale.
http://www.youtube.com/watch?v=P2jxsLn5Cnw
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