Dopo un po' di recensioni riguardanti gruppi americani, oggi ho voglia di portarvi nell'estremo oriente, in Giappone per essere precisi. Un paese che ha sempre dimostrato grande amore per l'heavy metal, ma che a conti fatti non ha prodotto molte realtà di spessore per la nostra amata musica. Tra questi gruppi spiccano per importanza storica e musicale i
Loudness. Formatisi agli albori dei gloriosi '80, giungono con "Disillusion" al quarto album, che è anche il primo di cui viene realizzata una versione con testi in inglese (gli album precedenti hanno tutti testi in giapponese) e una nuova copertina (orribile).
Disillusion è l'album che maggiormente mostra la natura dei giapponesi, fin qui decisamente poco interessati al mercato occidentale e liberi di scrivere la propria musica senza tenere conto dei gusti di nessuno se non i loro. "Disillusion" è un album che prende la mosse dell'heavy metal per spingersi ai confini del genere trovando commistioni con il power/speed e con il prog (due generi agli albori per i tempi).
L'album presenta due brani strumentali (che aprono i rispettivi lati del vinile originale), "Anthem" e "Exploder", affidate alla maestria di Akira Takasaki, che non lesina nè tecnica nè originalità. Ma il chitarrista nipponico è in evidenza lungo tutto il disco anche in fase ritmica, ascoltare a tal proposito lo speed metal di "Esper" (ispirato ai manga giapponesi) o il mid-tempo squisitamente heavy metal di "Milky Way". Fondamentale per la riuscita dei brani anche l'apporto della sezione ritmica, particolarmente evidente in brani quali "Crazy Doctor" o la vagamente progressive "Revelation". Ciliegina sulla torta di questa band tanto straordinaria quanto sottovalutata è il cantante Minoru Niihara, in possesso di una voce pressochè unica, definita dal timbro particolare, quasi nasale, e dalla pronuncia inglese alquanto improvvisata (in particolare su quest'album). Prova lampante delle sue qualità è la ballata posta in chiusura del disco, "Ares' Lament", concentrato di emozioni e tecnica sia vocale che strumentale (l'assolo di Takasaki è spettacolare, da lacrime quando incrocia la voce di Niihara).
Un disco innovativo, unico, eclettico, penalizzato solo dalla sua provenienza geografica. Un must da avere e amare, e far ascoltare a chiunque vi capiti a tiro.
A cura di Marco "Pasko" Pascucci
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