Questa volta i Dungeon si presentano con una copertina un po' più digeribile dell'ultima volta, quando un nerboruto barbaro in catene dava sfoga alla sua ira sulla copertina di “A Rise to Power”. Non che la copertina di “One Step Beyond” faccia gridare al miracolo, ma è già un passo avanti. Nel frattempo alcuni importanti cambiamenti hanno lasciato il segno sui Dungeon: un mini-terremoto ha sconvolto la line-up del gruppo, con l'abbandono del chitarrista Dakk e del drummer Stevo, benché quest'ultimo abbia comunque suonato le parti di batteria del disco. Le due defezioni sembrano aver privato la band della necessaria spontaneità compositiva, e “One Step Beyond” si rivela, invece del passo in avanti auspicato dal titolo, un deciso passo indietro. Già in “A Rise to Power” i Dungeon avevano manifestato evidenti limiti dal punto di vista dell'originalità, riuscendo comunque a confezionare un discreto disco di Power Metal, estremamente godibile; purtroppo l'ultima fatica della band australiana, pur presentando lo stesso difetto, aggiunge una preoccupante carenza di ispirazione. Sin dalla opener, “The Power Within”, si avverte una certa fiacchezza compositiva – manca lo spunto trascinante che dovrebbe caratterizzare ogni traccia d'esordio, e anche nella successiva “Tarranno del Mar”, canzone che sembra un omaggio ai Tierra Santa, rocciosa ed epica, il songwriting si rivela ripetitivo e scontato. La tellurica “One Step Beyond” è invece più in linea col disco precedente, con aggressive ritmiche thrasheggianti ed un chorus solare ed evocativo, così come la successiva “Against the Wind”, mid-tempo melodica e decisamente orecchiabile. “The Art of War” si rivela l'episodio più interessante del platter, una canzone veloce e potente con delle belle linee vocali ed un bridge di notevole impatto, con tanto di growls e vocals filtrate. Purtroppo le seguenti “The Hunger” e “Surface Tension” non colpiscono per ispirazione, dimostrando comunque una discreta attitudine: la prima è una struggente mid-tempo con degli interessanti riff di chitarra, la seconda un pezzo massiccio e granitico, con una doppia cassa martellante ed un ritornello in linea col Power Metal di scuola tedesca. “Under the Cross” è un altro classico esempio di Power melodico, questa volta più vicino allo stile degli svedesi Nocturnal Rites. Questa somiglianza è dovuta anche all'epico feeling della canzone, a volte un po' ingenua e decisamente prolissa. Il disco si conclude con “Epilogue”, un bizzarro outro elettrico dal sapore vagamente Hendrixiano.
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