"In un momento in cui questo genere sembra stanco di cloni di Helloween e Gamma Ray, questa band porta una ventata di stile e melodia, insieme ad una varietà illimitata di nuove idee". Questo, in sintesi, il giudizio che la Black Lotus esprime di questa sua nuova scoperta, gli svedesi Haterush. Non me ne voglia la label greca, ma se è questa la ventata di stile e novità che questi scandinavi portano al genere metal, penso che ascolterò cloni di helloween e gamma ray a vita! Sì perchè nell'arco dei cinquanta minuti di
questo "Mark of the warrior" non c'è nulla, ma proprio nulla che possa far pensare di trovarsi di fronte ad una nuova promessa del power metal, menchè meno ad una band anche solo degna di un qualche interesse. Mi dispiace davvero di essere così impietoso con dei ragazzi che sicuramente ci hanno messo il cuore, ma mi sembra un po' troppo poco cercare di mettere assieme una decina di canzoni rocciose e melodiche al tempo stesso, per pensare di poter distinguersi dalla marea di acts esordienti presenti sul panorama europeo. Gli Haterush sono svedesi, e quindi appare quanto mai scontato che guardino soprattutto agli Hammerfall nel tentativo di sviluppare la propria proposta artistica. Con una piccola differenza, però. Questi ultimi non si presentarono certo sul mercato con una formula particolarmente innovativa, ma almeno avevano delle canzoni validissime da proporre, ed è soprattutto grazie a queste che hanno potuto fare il grande botto. Dispiace dirlo, ma gli Haterush le canzoni non le hanno, almeno per ora. "Mark of the warrior" cerca di miscelare nella maniera più semplice possibile potenza e melodia, costruendo brani ora anthemici, ora speed, senza mai tralasciare quella che dovrebbe essere l'immediatezza dei cantati.
E' proprio qui il punto: i brani sono potenti, rocciosi, e fin troppo immediati, ma le melodie mancano
completamente di fascino, nella maggior parte dei casi sono state sentite un milione di volte, così che la noia subentra già dopo una manciata di brani. Anche le capacità dei quattro svedesi sembrano essere quelle che sono, e inoltre la voce di Stefan Embretsson non è quasi mai all'altezza. Ogni tanto si avverte qualche cosa di interessante, ci si imbatte in qualche passaggio da riascoltare con attenzione, ma la sensazione generale è che ci sia bisogno di un bel po' di tempo perchè tutto questo possa maturare. Non c'è nient'altro da dire: questo disco avrebbe avuto poche chances persino ai tempi del boom "true metal" della fine degli anni '90. Il mio consiglio è che, se avete bisogno di un qualche newcomer da osannare, di concentrare i
vostri sguardi altrove (per esempio sul pazzesco "Evil is forever" degli Astral Doors), ma se avete proprio deciso che avete soldi da spendere...
Non è ancora stata scritta un'opinione per quest'album! Vuoi essere il primo?
Non è ancora stato scritto nessun commento per quest'album! Vuoi essere il primo?