Questa è proprio la trafila che mi piace: vedo una copertina che mi intriga di un gruppo che non conosco, ascolto un pezzo e gradisco parecchio, ascolto l'album e mi piace assai, butto giù due righe di rece, compro il disco. Tutto liscio, dalle mie parti si dice "
precìs c'me un dii in tàl cûl".
Mettendo da parte il contorno e parlando del piatto forte, gli
Heaving Earth sono una band ceca che con questo
Denouncing the Holy Throne arriva al secondo disco mostrando grande maturità e idee precise. Il loro death metal è tecnico ma non troppo, ricco di dissonanze e riff scarnificanti, una musica in cui la perizia strumentale è in evidenza ma non in modo eccessivo, non prende mai il sopravvento e, soprattutto, la ferocia e la brutalità sono sempre presenti, pronte a stenderti con una mattonata in qualsiasi punto del disco.
Denouncing the Holy Throne non è un album "mitraglia" con blast beat dall'inizio alla fine, è anzi complesso e ricco di sfumature e rallentamenti, con riff che tagliano come lame. I nomi che vengono in mente sono quelli di
Morbid Angel per l'oscurità e la varietà,
Immolation per le parti più massicce e rallentate,
Gorguts nei momenti più spastici e dissonanti,
Nile per tecnica e scelta di alcune melodie e
Death per diverse armonizzazioni. Il vocione da lavandino intasato di
Michal Štěpánek (tra
Vincent e
Dolan) è sì incisivo ma sta attento a non occupare troppi spazi con testi esageratamente lunghi, dando spesso campo agli strumenti che si prendono la scena anche con quattro brevi pezzi privi di cantato che hanno sia il compito di "porzionare" il disco, sia di far fiatare per un attimo l'ascoltatore, stordito dalle continue mazzate che volano.
Un death metal blasfemo e letale insomma, che unisce l'oscurità e la cattiveria della vecchia scuola alle capacità strumentali del death metal moderno, e ha tutti gli elementi al posto giusto che, come bisturi affilati, sono in grado di spellarti vivo.
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