Ecco di ritorno gli integerrimi
Frosttide con il loro secondo full-length intitolato
"Blood Oath". Dopo la buona prova con il debut
"Awakening", che si ispirava chiaramente ai connazionali Ensiferum (autori della seconda delusione di questo 2015, dopo i Blind Guardian) con sprazzi di Children of Bodom e Kalmah, tornano sul mercato discografico metallico con un nuovo album che mantiene pressoché inalterate le peculiarità del loro sound. Un estremo sempre moderato quello portato dai
Frosttide, di buona fattura, inequivocabilmente scandinavo (o finnico, se preferite), con una produzione degna di nota e un songwriting tutto sommato meditato.
Come nota iniziale parliamo dell'artwork, pregevole anche stavolta e che si oppone, per colori e sensazioni, a quello di
"Awakening". L'oscurità lascia il posto alla luce, il gelido inverno è vinto da un più lucente autunno dai colori caldi e confortanti. L'opposizione stilistica dell'immagine non si riscontra però sul versante musicale, ritrovando i
Frosttide più o meno dove gli avevamo lasciati.
"Blood Oath" è un disco di media durata (circa cinquantatre minuti) e dall'esiguo numero di tracce (solamente otto), ma soddisfacente e che farà passare un'oretta scarsa in allegria agli amanti del pagan-viking-folk nordico. L'intro, dal titolo
"Prologue", è affascinante e coinvolgente e può rispecchiare le emozioni che scaturiscono osservando l'artwork. La vera opener e title-track
"Blood Oath" ricorda da vicino i compaesani Ensiferum, tranne che per il cantato di
Joni Snoro che è dotato di un timbro più profondo rispetto al collega Petri Lindroos. I
Frosttide dimostrano comunque una buona personalità e soprattutto, negli stacchi, di non esser risucchiati nel vortice delle melodie medievali che spesso si riscontrano nel pagan-folk nei suddetti momenti.
"Gates Of The Asylum" apre in maniera decisamente più estrema e, dotata di un'atmosfera oscura, di cori maestosi e cambi stilistici, si pone come uno degli highlight di
"Blood Oath".
"Fate Redefined" è un'altra traccia possente e aggressiva;
"Traitor Within" evidenzia qualche sprazzo di progressive e aderisce in pieno alla tradizione pagan finlandese;
"Foreshadow" è un intermezzo seducente che apre la strada alla lunga
"New Reign" che evidenzia tutte le influenze e peculiarità dello stile dei
Frosttide, con accelerazioni improvvise, momenti più quieti adornati da cori imponenti e istanti che privilegiano l'atmosfera con la tastiera a farla da padrone. Chiude il disco uno dei migliori brani della tracklist, ovvero
"Winds Of Winter's Call".
Buona seconda prova per i
Frosttide. Un album che farà sicuramente la felicità degli ammiratori del genere, forse meno indicato a tutti gli altri tipi di metaller. Alla prossima!
Lyric Video di "Fate Redefined"
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