Dopo la ristampa di
"The Third and the Noble", secondo lavoro dell'americano
Wende, la Moribund Records si occupa di ripubblicare anche il debut album dell'artista dello stato di Washington.
"Vorspiel einer Philosophie der Zukunft", originariamente uscito nel 2011, come il suo successore è un album profondamente influenzato dall'opera e dalla visione musicale di
Burzum e consta, infatti, di sei brani molto lunghi che alternano un black metal dal taglio desolato e depressivo a momenti solo strumentali caratterizzati dalla semplicità delle strutture e dalla ipnotica ripetizione delle partiture.
L'album, che è un concept sulle sei componenti essenziali della filosofia, ovvero guerra, morte, verità, io, tempo e natura, può contare su intuizioni musicali di grande pregio le quali, sebbene siano profondamente derivative, danno al lavoro un fascino sinistro, conferendogli una atmosfera triste e quasi "distante" dall'indubbia forza evocativa.
Certo, sia lo scream esasperato del mastermind
Zamiel, sia gli intrecci delle sei corde, ora aggressive ora evocative, sia le tastiere minimali, sia i tempi in 4/4, rimandano tutti alla musica di
Vikernes, ma l'insegnamento del Conte viene comunque "utilizzato" per comporre pezzi piacevoli da ascoltare ed ottimi per perdersi nei labirinti della propria mente e della propria coscienza.
Va sottolineato, ad onor del vero, che
Zamiel ha anche una certa propensione per la frangia depressive del genere estremo per eccellenza, caratteristica questa che contribuisce ad evidenziare il carattere melanconico di
"Vorspiel einer Philosophie der Zukunft ", dischetto che sono certo piacerà a chi ama determinate sonorità.
Chiudo dicendo che questo debut, a mio avviso, è qualitativamente superiore al disco successivo e, come sottolineato dalla casa discografica, resta uno dei migliori esempi di "burzumic black metal" dai tempi dello stesso
Burzum.
Se, dunque, avete nostalgia delle vecchie composizioni del buon
Varg, fate vostro questo lavoro: non ve ne pentirete di certo.
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