Dopo i
Solefald ed i
Dødheimsgard, il 2015 ci regala un altro grande disco di musica "particolare", d'avanguardia e difficilmente inquadrabile in una sola ottica per merito degli
A Forest of Stars che rilasciano, sotto Lupus Lounge, il loro nuovo album, il quarto, intitolato
"Beware the Sword You Cannot See".
Abbandoniamo le fredde lande norvegesi per recarci in terra d'Albione, paese di provenienza dei Nostri e loro grande fonte di ispirazione se è vero che la musica dei gentlemen di Leeds risente, pesantemente, delle atmosfere e del folklore inglese andando ad amalgamarsi con la base di metal estremo sulla quale vengono costruite tutte, o quasi, le canzoni.
"Beware the Sword You Cannot See", mettiamolo subito in evidenza, è un album più "centrato" rispetto ai suoi predecessori.
Gli
A Forest of Stars, infatti, sono riusciti a definire meglio la loro proposta e sono riusciti a scrivere brani che, seppur multiformi, riescono a bilanciare in modo pressoché perfetto tutte le sfaccettature del loro suono senza che nessuna componente prevalga sull'altra.
Ma quali sono queste componenti?
Abbiamo già detto metal estremo: accelerazioni black non mancano nel disco, così come riferimenti al death metal e, più in generale, alle espressioni sinfoniche declinate in prospettiva oscura.
Il tutto all'insegna di arrangiamenti curati ed eleganti che ben si integrano con il "resto".
Il resto:
gli
A Forest of Stars sembrano omaggiare gruppi come
Jethro Tull o
Porcupine Tree per via della vena psichedelica e progressiva che caratterizza il loro songwriting dando ai brani una struttura in continuo movimento e mai uguale a se stessa, cosa, questa, che rende l'ascolto non facile, ma certo appagante.
Poi, come ho accennato, c'è l'Inghilterra.
Il folk, l'atmosfera "vittoriana", le cesellate di violino vicine ai
My Dying Bride, del resto
Katie Stone, anche brava voce femminile, ha militato nei maestri, sono tutti elementi che "urlano" in direzione del paese d'oltre Manica dando quel gusto e quel sapore tanto particolari ad un disco come
"Beware the Sword You Cannot See" che viene, per questo, a diventare elegantissimo seppur anche in grado di essere grezzo quando il gruppo fa emergere maggiormente il suo lato metallico.
E non è tutto qui.
Alla miscela va aggiunto un approccio teatrale, in qualche modo vicino agli
Arcturus meno sghembi, da ricercarsi, in particolare ma non solo, nella prova di
Mister Curse cantante versatile ed efficace sia quando adopera un approccio distorto, sia quando si fa narratore delle vicende raccontate negli eleganti testi, completando il quadro di un'opera complessa ma, in ogni caso, bilanciata e non troppo sfuocata.
Come da mio costume non vi ho citato un brano in particolare perchè tutto il disco va assaporato dall'inizio alla fine, ma se proprio volete capire la genialità di questi signori inglesi io presterei attenzione alla suite finale, divisa in sei movimenti, che è la summa della musica di questi folli musicisti.
Per concludere:
"Beware the Sword You Cannot See" è prova dell'evoluzione costante di un gruppo in costante crescita e, quasi sicuramente, il miglior lavoro, ad oggi, degli
A Forest of Stars, un lavoro che non dovrebbe mancare nella collezione degli ascoltatori più esigenti e meno superficiali tra voi lettori.
Applausi.