Quarto capitolo sulla lunga distanza per
Steven Wilson, nome che al prog-fan medio dice già tutto. Cosa aspettarsi da un disco di Steven, abbiamo imparato a conoscerlo: tutto, e nulla. Steven ha la rara capacità di creare composizioni talmente
multi-layered, che ogni singolo brano è passibile di cento ascolti prima di rivelare la sua, o meglio, le sue vere-varie nature.
Così è stato e così è anche per "
Hand.Cannot.Erase", concept album che contiene tutti i trademark di SW, compresi quelli che io non ho mai digerito, come la sua voce. Dal punto di vista compositivo, c'è tutto l'occorrente per farsi il nodo ai neuroni: il prog-rock di base è soltanto un alibi per dare sfogo all'estremamente colta vena compositiva di Steven, che in brani come "
3 Years older" dà spazio a partiture di pianoforte che si intrecciano con un brano solido e cantabile, per poi partire per tangenti improvvise ed imprevedibili, lasciando l'ascoltatore con la solita voglia di riascoltare, rigustare, riassaporare.
Il mood di questo album è più o meno il solito, tra l'onirico ed il nostalgico; la componente elettronica è presente, ma è talmente usata bene che non pesa affatto, anzi, diventa solo una delle sfumature di sapori di questo piatto complicato. Ascoltare per credere l'intro della title track, o un brano complicato ed ostico come "
Routine", che si concede spesso suggestioni acustiche, e che riesce a sbriciolare la componente tecnica fino a un ritornello "lalala", pur mantenendo un fascino che ciao.
Non vi è dubbio che l'arma più affilata di Steven sia l'invidiabile capacità compositiva, abbinata ad una cultura musicale ed a una perizia strumentale davvero sterminate; per questi motivi, accostarsi ad albums come questo è sempre un'esperienza probante, ma che non può, non deve, non lascia indifferenti, per un motivo o per l'altro. Arriverei addirittura a comprendere chi non riuscirà a gradire "Hand. Cannot. Erase", perchè entrare in un multiverso così sfaccettato richiede volontà di abbandono, accettazione non passiva ma consapevole, come assumere e mantenere la posizione di
za-zen durante la meditazione. Devi forzarti all'inizio, accettare di non essere più in controllo dei tuoi sentimenti e dei tuoi stati d'animo, per poi poter godere di ciò che semplicemente vedi, senti, percepisci.
Questo è Steven Wilson, oggi. Un'ora di meditazione zen, terribilmente fastidiosa o incredibilmente appagante, a seconda della mente che vi si approccia, e del suo intento. Affascinante.