Impatto, intelligenza, versatilità.
Tre caratteristiche che non hanno mai abbandonato i
Therapy? nella loro corposa carriera artistica e li hanno resi uno di quei rari casi di
crossover tra i generi musicali organico e omogeneo, tanto accessibile quanto intenso, oltre che, e questa è davvero un’eccellenza meritevole di sottolineatura, assolutamente riconoscibile.
Dopo l’attitudine maggiormente “sperimentale” di “Crooked timber” e, soprattutto, di“A brief crack of light”, il trio nordirlandese, complice anche il successo delle riedizioni in forma
deluxe dei suoi
bestseller “Troublegum” e “Infernal love” e dei
tour relativi, per il nuovo “Disquiet” sceglie un approccio più diretto e
anthemico, conservando quella compattezza espressiva che da sempre lo contraddistingue.
La sua abilità nel modellare
metal,
grunge, elettronica,
new-wave e
punk in un’unica entità capace di sormontare i singoli costituenti, emerge ancora una volta in maniera evidente, e ci consegna un dischetto potente e accattivante, ritmico e spigoloso, melodico e inquieto, in grado di mescolare (e lo ricordo a eventuale beneficio di chi ancora,
colpevolmente, non conoscesse la
band!) Nirvana e Metallica, Helmet e Killing Joke, Joy Division e Husker Du, corroborando il valore immarcescibile di un
modus operandi che appare “fresco” e adatto ad affascinare pure le nuove generazioni “alternative”.
L’irruente “Still hurts”, il coro a “presa rapida” di “Tides”, l’ombrosa “Good news is no news” e poi ancora le scorie
grungiarole di “Fall behind”, le conturbanti pulsioni di “Helpless still lost” e dell’irresistibile “Insecurity”, affiancate alla tensione emotiva dell’intrigante “Torment sorrow misery strife” e al
groove denso e fosco della splendida “Deathstimate”, sono sicuro soddisferanno ampiamente i sensi degli estimatori del gruppo e di tutti i
rockofili che vorranno concedere una possibilità a questa brillante collezione di frammenti sonori.
In tale contesto, forse le sole “Idiot cousin” e “Vulgar display of powder” (gran bel titolo, però …), appaiono leggermente manieristiche, ma si tratta di un peccato veniale, per un gruppo da premiare per come dimostra al mondo, anche nel 2015, che l’efficacia di una formula stilistica, anche la più eclettica e creativa, non può proprio prescindere dal concetto di “canzone”.
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