I
Knock Out Kaine sono al secondo disco, e la prima cosa che mi viene in mente, mentre “Rise of the electric jester” mi esplode nei timpani e blandisce i miei sensi, è chiedermi come ho fatto a non accorgermi di loro fino ad oggi, nonostante la mia atavica passione e attenzione per il genere.
Ad accendere la miccia di tale rammarico (facilmente disinnescabile, per fortuna …) ci ha pensato una mistura di
rock n’ roll dal
feeling parecchio intenso, non particolarmente “temeraria” eppure tremendamente contagiosa, intrisa di un’elettrizzante vitalità nel combinare suoni noti e modelli celebri.
Provate a immaginare Twisted Sister, Nelson, Motley Crue, Wildhearts, Ugly kid Joe e Cheap Trick frullati in un unico capiente
shaker, tanto ampio da lasciare spazio a un’abbondante razione di forza espressiva, in grado di rendere il
songwriting del gruppo sempre incisivo e ammaliante.
Impertinenza e
glamour, preparazione tecnica e turbolenze
stradaiole, scorie
bluesy e brandelli
AOR, grinta
hard e lusinghe
power-pop, questo è quello che troverete all’interno di un programma molto godibile, vario e ricreativo, pieno di una sequenza di
anthems che vi troverete a canticchiare fin dal primo contatto e a cui rivolgersi con fiducia in ogni eventuale momento di sconforto della vostra esistenza.
Un albo divertente e abbastanza ruffiano, dunque, ma, come anticipato, non manieristico o superficiale, marchiato dalla voce granulosa e accattivante di Dean Foxx, dalla chitarra fiammeggiante e ricca di colore melodico di Jimmy Bohemian (mi ha fatto pensare un po’ al
modus operandi del compianto Derek Frigo) e da una sezione ritmica capace di assecondare con precisione e disinvoltura l’intera pulsante incombenza sonica.
Partenza calamitante con “16 Grams of heart attack” (
featuring Christian Brady degli HellYeah), rude e ammiccante al tempo stesso, “Fire and smoke” aggiunge una cospicua dose di
blues shuffle all’impasto e “How would I know” rivolge il suo sguardo ammirato a Sweet, T. Rex e Mott The Hoople per tempestare di lustrini una melodia altamente infettiva.
“Diamond blue” esibisce una virile malinconia
western (qualcosa tra Jon Bon Jovi e Cinderella), “Cascading” satura l’aria con una forma vaporosa di
boogie (vagamente alla Drivin' n Cryin'), “Ain't your kind” mescola armonie da classico
FM-rock con
vocals filtrate e “Boxes” potrebbe addirittura appartenere al repertorio (irrobustito) degli
one-hit wonder Wheatus.
Ancora buone vibrazioni con “Flying blind”, che entusiasma con i suoi inebrianti profumi Californiani, con “Because you were there”, una graziosa ballata tra Warrant e Poison e con “One more for the road”, che sigilla l’albo con una scalciante e raffinata dissertazione Aerosmith-
iana, degna conclusione di un lavoro di notevole suggestione.
Gran bella sorpresa, dunque, da consigliare senza indugi a chi cerca vocazione genuina e un approccio fresco e intelligente a una materia in cui è quasi impossibile “inventare” qualcosa di nuovo.
Ah, qualora non voleste dare credito alle mie parole, aggiungo che i Knock Out Kaine hanno ricevuto anche il
placet di Bruce Dickinson (presente, con un simpatico
cameo, nel
video di “Set the night on fire”, dal precedente “House of sins”) … non crederete mica che
Mr. Air Raid Siren rischi di mettere a repentaglio la sua reputazione artistica con un gruppo dozzinale, no?