Nuovo disco per la formazione symphonic metal londinese
Pythia. La band, formatasi nel 2007 e con già alle spalle due album intitolati rispettivamente
"Beneath the Veiled Embrace" e
"The Serpent's Curse", è uscita la scorso dicembre con questo terzo disco che rispetta i canoni del genere e che farà la felicità degli amanti del metallo sinfonico female-fronted. La release è stata mixata e masterizzata da Jacob Hansen, che aveva già lavorato con Volbeat, Doro, Amaranthe e Primal Fear e l'artwork è stato realizzato da Claudio Bergamin, le cui opere avete già avuto modo di vedere su dischi di Accept e Battle Beast.
Dopo questa breve introduzione a scopo informativo, passiamo a
"Shadows of a Broken Past". L'album si apre con la magniloquente orchestrazione di
"The King's Ruin" coadiuvata da un riffing tagliente e dalla voce operistica di
Emily Alice Ovenden. Nulla di nuovo, questo è da dare per scontato, la qualità è comunque alta, il pezzo è orecchiabile, possiede un giusto equilibrio fra arrangiamenti e componente metallica. Si passa a
"Sword of Destiny" che, dopo un'usuale narrazione (in questo caso dell'attore Brian Blessed) che spesso si riscontra in album del genere, vede le chitarre a farla da padrone con linee melodiche che si intrecciano fra di loro e che ben si coordinano con le orchestrazioni.
"Moon on the Mountain" ripropone ciò che si era già assaporato nell'opener, anche se qui la vocalist riesce a esprimersi in maniera forse migliore.
"War Games" è una delle tracce più veloci del disco, la canzone è molto potente però in questo caso il suono sembra leggermente impastato, soprattutto all'inizio, anche se va notata ancora una volta il buon lavoro di riffing degli axeman.
"The Highway Man" è inaugurata da una melodia clavicembalistica che apre la strada ad un pezzo godibile e d'orientazione folk, probabilmente uno dei migliori di
"Shadows of a Broken Past".
"Bring Me Home" è un'altra traccia orecchiabile sostenuta dalle suadenti linee vocali imbastite da Emily Alice Ovenden. L'operistica
"Yellow Rose", l'affascinante
"Your Eternity", l'aggressiva
"The Key" (dove il riffing potrebbe pure avvicinarsi al thrash), la sognante
"Broken Paradise" conducono alla fine del disco.
"Shadows of a Broken Past" è un buon disco symphonic, destinato soprattutto a coloro che spasimano per il genere. I Pythia si dimostrano una band con potenzialità, che non trascura nulla a livello di songwriting, manca solamente quel pizzico di originalità ad innalzare la loro proposta.
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