George Kollias ha scritto precedentemente:
I can honestly say the only reason I have recorded this album is the fans asked for this to happen. I am happy that I did it and more excited than ever for the future of this project! I enjoyed recording it more than anything. I also had to pleasure to have some really important guests, which made this album even more special to me.
Se ci approcciamo con queste parole bene in mente, possiamo ascoltare
Invictus divertiti, col sorriso sulle labbra, rallegrati dal fatto che il nostro amico
George ci abbia accontentato facendoci sentire "quello che sa fare", senza pressioni, senza particolari scopi o programmi.
Il drummer greco, divenuto uno dei migliori musicisti in campo death a livello planetario grazie all'ottimo lavoro svolto con
Nightfall (e molti altri) prima e la consacrazione avvenuta con i maestri
Nile poi, ha deciso di lanciarsi nella composizione di un disco solistico (detto alla
Richard Benson) suonando tutti gli strumenti. Sì, perché qualora non lo sapeste, il nostro
Giorgino non è solo un dio della batteria ma sa pure suonare la chitarra e sbraitare dentro ad un microfono. Me Cojoni.
Dopo una breve ma doverosa introduzione, vediamo di occuparci del disco.
Stavolta ho deciso di fare un track by track molto sintetico. Via!
1 - intro, 2 - buona la batteria, semplice la struttura ma non memorabili i riff, 3 - canzone molto in stile
Nile (periodo
Annihlation of The Wicked) con una lieve sfumatura black di scuola
Marduk e
Dissection e con molta melodia nel momento degli assoli, 4 - pezzo interessante e carico, pieno di brusche accelerazioni e momenti sospesi, 5 - rumori sinistri introducono il brano che poi ha una esplosione in stile
Nile per poi diventare molto
Behemoth, 6 - interessante il riff iniziale ma la struttura elementare e la ripetitività di soluzioni rendono il pezzo incompleto, insipido 7, altro brano con alcuni buoni momenti ma con altrettante parti di stanca, 8 - brano "cinematografico" con arpeggi in flanger, chitarre acustiche ed orchestra, 9- grande inizio con un ottimo pattern di batteria, si accartoccia poi nella ripetitività, 10 - introdotto da canti sacri, il brano diventa in seguito un lungo mid-tempo aperto e solenne.
Da tutta questa pappardella si può intuire che: non ci sono brani eccezionali ed il lavoro è molto influenzato dallo stile di
Nile e
Behemoth.
George con la batteria fa sempre paura mentre con la chitarra se la cava, ma su
Invictus non è riuscito a creare strutture che riescano a sostenere i brani dall'inizio alla fine, a garantire una freschezza d'ascolto lasciando invece entrare un pizzico di noia dovuta alla ripetitività di certi schemi. Sono severo? Sono troppo pretenzioso? Può essere, ho cercato però di giudicare il disco non dal nome ma dal contenuto, ed il contenuto è questo: un album di death metal caruccio con ottime parti di batteria. For fans only.
p.s.
Karletto Sanders si è già proposto e riproposto in veste solista con la sua musica ambient-sumera,
George ci ha appena fatto vedere cosa è in grado di fare, ora manca
Dallas ad esprimersi in solitaria. Che queste divagazioni possano portare nuova energia per un nuovo capolavoro
Nile dopo il fiacco
At The Gate of Sethu? Speròm.