Copertina 8

Info

Anno di uscita:2005
Durata:48 min.
Etichetta:Exile on Mainstream
Distribuzione:Wide

Tracklist

  1. THE CROSSING
  2. HALF MAST
  3. DESENSITIZED
  4. DRACO VIBRATION
  5. BLACK RIBBON
  6. MAGDALENE
  7. CURRENTS
  8. TRAVESTY AS USUAL
  9. COFFIN LILY
  10. SONS OF KINGS
  11. THE DEPROGRAMMING OF TOM DELAY

Line up

  • Scott Wino Weinrich: guitar, vocals
  • Bruce Falkinburg: bass, vocals
  • Dave Hennessy: drums

Voto medio utenti

Alcuni anni fa Wino Weinrich decise improvvisamente di sciogliere gli Spirit Caravan, la formazione che lo aveva riportato in auge dopo gli antichi fasti dei St.Vitus e The Obsessed, adducendo motivazioni di carattere personale e dichiarando che si sarebbe concesso un lungo periodo di riposo e riflessione. Se vogliamo è questa la grandezza del personaggio, che appena riesce ad ottenere un minimo di popolarità e successo, qualche rara intervista sui magazines ed un po’ d’interesse intorno a lui, sparisce tra le mura domestiche preoccupato del rischio di contaminare la sua purezza “no-compromise”, faticosamente costruita in poco meno di tre decenni di carriera.
Per fortuna la pausa meditativa è durata poco, anzi il chitarrista in breve tempo si è scatenato in una iper-attività che lo ha visto impegnato in numerosi progetti e collaborazioni, fino a stabilizzarsi nuovamente in un gruppo solido, immediatamente acclamato dagli appassionati del doom: The Hidden Hand.
Il loro esordio “Divine propaganda” era stato uno dei lavori più significativi del 2003, ed il trio si è preso il tempo necessario per realizzare un seguito che ne fosse all’altezza. La partenza di “Mother, teacher, destroyer” è di quelle secche e senza fronzoli. Nessuna introduzione, nessun riff preparatorio, l’opener “The crossing” inizia direttamente dalla prima strofa cantata da Falkinburg e ci catapulta in un vigoroso brano heavy, ricco di torve vibrazioni seventies e nel quale riluce uno strepitoso assolo centrale di Wino, quasi che il trio fosse impaziente di dare sviluppo alle proprie trame.
Trame che in quest’occasione si presentano ancor più fitte di situazioni differenti e colpi di scena, tanto da far sembrare ormai limitativa la definizione di “doom-band” applicata ai The Hidden Hand.
Certamente le radici di rock oscuro sono sempre ben presenti nella musica di Weinrich, nessuna rinuncia a quell’approccio spirituale, quasi mistico, che ha da sempre caratterizzato la sua opera e che anche in quest’album si esprime con forza e genialità inconfondibile. Un sound pulsante ed arcano, duro e dinamico, velato di mistero ma mai ossessivo e claustrofobico secondo i dettami di una scuola che si può far risalire tanto ai Black Sabbath quanto ai primordi del metal, dove c’è la massima libertà d’interpretazione ma altrettanto rigore strutturale, con i brani che spesso intrecciano ruvidità abrasiva e sentimentalismo melodico in quantità perfettamente dosate.
Una lucidità adrenalinica che genera gioielli epici e tenebrosamente emotivi come “Desensitized”, “Travesty as usual” infiorita di meraviglioso solismo, la lenta e salmodiante “Sons of kings”, ma si dirada anche in atmosfere malinconiche dove affiorano inflessioni quasi progressive, vedi l’emozionante ballata “Half mast” dai fiabeschi toni arcadici, che testimoniano il divario di evoluzione tra questa band ed il resto dei praticanti del settore.
Un’approccio colto ed evocativo alla materia che può emergere anche nelle liriche, ad esempio come inno devoto alla Maddalena ed al Sangreal, la Stirpe Reale della quale si è tanto discusso ultimamente, oppure nelle fantasie ermetiche di una navigazione nei Sargassi tra galeoni spagnoli ed immaginari leviatani.
C’è la sensazione di un progresso in fatto di coesione all’interno degli Hidden Hand, lo mostra la divisione più equa nella composizione dei brani e la spartizione delle parti vocali, dove ora Falkinburg non è più solo una presenza occasionale bensì un’alternativa concreta ed efficace, ed anche la certezza che il trio abbia migliorato il già elevato livello di qualità del precedente episodio, in particolare nella varietà delle canzoni.
Infatti l’amalgama accresciuto ha permesso ai musicisti di spaziare più agilmente tra quelle influenze settantiane che conoscono così bene, aggiungendo varianti psichedeliche e stoneggianti al loro stile severo e mettendo a segno colpi vincenti e fantasiosi quali i due strumentali acido-cosmici “Draco vibration” e “The deprogramming..” e gli echi narco-lisergici della cristallina e drammatica “Black ribbon”, uno dei vertici del disco e della produzione di Wino.
Chi ha avuto pazienza di seguire fino a questo punto, avrà capito che si sta descrivendo un disco di assoluta eccellenza, dove il fantastico rifferama di Wino, i suoi assoli regali e pieni di pura virilità heavy, sono soltanto una delle componenti che rendono importante l’album e non il solo punto di forza intorno al quale s’improvvisa tutto il resto.
Un lavoro che testimonia, se ve ne fosse ancora bisogno, lo spessore di questo musicista sempre attuale, sempre aggiornato e puntuale nel rinnovare il suo discorso rock lontano dai riflettori ma non per questo inferiore a quello che riempie le pagine dei giornali, ed è anche una prova di maturità e completezza per la band nel suo insieme, che ha raccolto ed ulteriormente impreziosito lo scettro che fu degli Spirit Caravan. Oggi The Hidden Hand è senz’altro uno dei nomi di riferimento del settore.

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