La continuità in campo artistico, si sa, costituisce uno degli obiettivi più ambiti e, al tempo stesso, più elusivi cui si possa aspirare. Raggiungerla senza poggiare supinamente su stilemi compositivi consolidati, ma anzi mettendo in mostra una spinta all’evoluzione costante e coerente, è impresa che pochi posson vantare di aver compiuto.
Tra essi, a mio avviso, rientrano a pieno titolo i
Forgotten Tomb, veterani della scena estrema italica con ben sedici anni di carriera e otto album all’attivo.
L’ultimo nato,
Hurt Yourself and the Ones You Love, prosegue nel solco della ricerca di una forma espressiva in grado di coniugare la malevola depressione dei primi lavori a uno spettro sonoro non necessariamente confinato negli angusti steccati del
DSBM.
In sostanza, il medesimo percorso imboccato dal mentore
Niklas Kvarforth coi suoi
Shining. Con una marchiana differenza: se questi ultimi sono sbucati in un autentico vicolo cieco -l’ultimo
Everyone, Everything, Everywhere Ends è un lavoro desolante, ma non nel senso auspicato- gli allievi capitanati dall’ineffabile
Herr Morbid hanno scovato una nuova, affascinante landa sonora da esplorare.
Una landa, a scanso di equivoci, sempre aspra, fredda e buia come la pece.
In effetti, muovendo i primi passi, scorgerete senz’affanno tracce del caro vecchio
black che a lungo ha contraddistinto i Nostri. Tuttavia, se deciderete di addentrarvici, rimarrete sorpresi da ipnotiche correnti
sludge, da influssi
southern-doom presumibilmente riconducibili al side project
Tombstone Highway (bellissimo il loro
Ruralizer, anche se nessuno al mondo pare averlo ascoltato), dalla produzione spessa e potente come non mai, dall’efficacia di composizioni sì di lunga durata, sì asfissianti nella loro negatività, eppur dotate di un inatteso piglio catchy (si prega di prendere il suddetto termine con le pinze).
A
Hurt Yourself and the Ones You Love non mancano certo i picchi di eccellenza: lo spavaldo riff d’apertura di
Bad Dreams Come True, la paurosa progressione di
Dread the Sundown, il disperato intimismo della conclusiva
Swallow the Void…
Tuttavia, è il platter nel suo insieme a convincere (se sorvoliamo sulla copertina, d’impatto quanto volete ma forse un po’ “cheap”), poiché costituisce già oggi ragguardevole punto di arrivo, nel contempo gettando le basi per possibili, ulteriori progressioni in termini di sound.
Forgotten Tomb: band tanto affidabile quanto talentuosa, da seguire con grandissima attenzione.
Più semplicemente, band di cui andar fieri.
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