Diciamoci la verità: i veri blackster (peraltro sempre più sparuti) un rinfrescante tuffo nel passato non lo disdegnano mai.
Così, se ad aprile 2015 viene immesso sul mercato -quale mercato?- un cd che sembra risalire al 1995, cosa ci sarà poi di male?
Questo, almeno, è quello che ha pensato il sottoscritto all’ascolto del primogenito dei britannici
Ninkharsag.
Moniker, artwork, titoli, lyrics, suoni… ogni aspetto in
Blood of Celestial Kings rimanda al fosco immaginario che imperversava in Norvegia prima che il
symphonic cambiasse le carte in tavola.
La musica vera e propria non è da meno.
Mi rifiuto di elencare i numi tutelari da cui i Nostri attingono ispirazione: sono i soliti, ormai li conoscete a memoria e vi posso assicurare che, sparsi in giro per il platter, li rinverrete quasi tutti. Credo sia altrettanto inopportuno sviscerare i tratti salienti di un sound perfettamente inquadrabile alla stregua del
raw black metal più intransigente e ferale.
Semmai, pare corretto tratteggiare i -pochi, invero- tratti salienti in grado di distinguere la band di
Liverpool dalle frotte di colleghi che si dilettano col medesimo genere.
Indicherei
in primis il ruolo di preminenza concesso alle linee di basso, dotate di un groove tanto inusuale quanto azzeccato; segnalerei inoltre la saggia stringatezza dei singoli brani (a parte la conclusiva
Iron Wolves ci attestiamo sui tre minuti di media) e del disco tutto (poco più di mezz’ora); citerei in conclusione le piacevoli inflessioni thrasheggianti, rinvenibili tanto nel riffing quanto nel drumming, che mi hanno rimembrato i cari vecchi
Absu.
E tant’è.
Il livello qualitativo, che comunque si assesta ben oltre la sufficienza, è assolutamente omogeneo lungo l’intero album, tanto da rendere del tutto inutile un
track by track.
Ricordiamoci, ad ogni modo, che
Blood of Celestial Kings è “solo” un debut album: i
Ninkharsag, con ogni probabilità, non diventeranno mai dei supereroi del
black metal, ma hanno le potenzialità per costruire una carriera solida e per allietare le serate dei nostalgici.
In bocca al lupo.
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