Una rapida occhiata al variopinto look stile tardo-hippie che pare rubato al musical “Hair”, è sufficente per indovinare il tipo di musica proposto dagli Instant Flight. Il quartetto Londinese debutta con un album trasportato di peso dalla fine degli anni ’60, puro british pop-rock progressivo circondato da un arcobaleno di tenui colori psichedelici.
La band fa parte della cerchia di amicizie che ruota intorno a Gary Ramon, leader degli ottimi Sun Dial e protagonista di lungo corso della neo-psichedelia Britannica, ed infatti è lui a co-produrre il lavoro oltre ad apparire personalmente in “Under the moonlight”, marchiandola con un bell’assolo. Ma gli Instant Flight possono vantare un’altra importante collaborazione, quella con il leggendario ultrasessantenne Arthur Brown, mitico e stravagante pioniere rock col suo Crazy World nonché autore dell’indimenticato super-hit “Fire”(1968). Il vulcanico musicista qui presta la sua voce istrionica al brano “Kites”, trasformandolo in un esuberante esempio di psycho-rock teatrale e mostrando che la passione per la buona musica non sempre si attenua con gli anni.
Questo è un album che pur ispirandosi fortemente ad un lontano passato, appare fresco e spumeggiante grazie alla brillante fantasia delle soluzioni, alla cura di ogni singolo brano e ad una generale atmosfera di leggerezza melodica che lo attraversa interamente, rendendolo un ascolto facile e piacevole.
Numerosi gli episodi delicati e carezzevoli che talvolta sconfinano nella ballata acustica e romantica, vedi la title-track cantata in coppia da Magnani e dalla Rejchrtova, la soffusa e gentile “She passes by” con un ritornello che richiama vagamente un vecchio tema di David Bowie, la progressiva e Beatlesiana “Her mystery” con i suoi dolci inserti di flauto, o ancora la bucolica “Will you think of me?” dove la tastierista è impegnata alla voce solista.
Quando invece crescono le energie psichedeliche otteniamo retrò-rock di grande finezza, vedi l’agile “Running around” con pungenti duetti tra lead guitar e tastiera oppure l’estesa “Top of the mountain”, un mix tra i 13th Floor Elevators ed i mantra orientali che si apre a belle soluzioni jammistiche, o addirittura una saltellante giga strumentale come “Tarantula” che agli ascoltatori più datati ricorderà certamente un vecchio hit della nostra P.F.M.
Gli Instant Flight con i loro toni pacati sono davvero abili a caratterizzare ogni singolo episodio, offrendo quel tipo di ascolto variegato che in tempi di musica monotematica come quelli attuali è una vera rarità. Così facendo, tra le molte sfaccettature dell’album infilano un paio di canzoni assolutamente stupende, a coronare un esordio di ottimo livello. “Freeway” ha un tosto tiro Doorsiano, pieno di groove e saporiti assoli, mentre “Flowers on my grave” è un fantastico slow acido, carico di tensione ed esaltato da una fremente chitarra “space”. Ciliegine su una torta assai sostanziosa.
Chiarito che non è un album per metallari integralisti, se volete ascoltare ottimo rock garbato ed intelligente, antico ed attuale allo stesso tempo, dare fiducia a questa piccola band si rivelerà una mossa vincente.
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