Il morbo del
comeback ha contagiato anche i britannici
Tysondog, infettati da un agente patogeno per il quale oggi pare non esistere alcuna cura, e fermi da - fatto salvo il mini "Hammerhead 2012 EP" dove rispolverano una manciata di loro vecchi brani - quasi trenta anni. Infatti, il loro secondo album "Crimes of Insanity" era uscito nel 1986, seguendo di un paio di anni l'esordio "Beware of the Dog", ma poi salvo un paio di raccolte non avevano dato alcun seguito discografico.
Per sentire qualcosa di nuovo abbiamo così dovuto attendere sino a quando, in collaborazione con la Rocksector Records, questa formazione originaria di Newcastle ha dato alla luce "Cry Havoc", dove per fortuna è ben evidente che i Tysondog non si sono persi nelle nebbie del tempo e tanto meno non hanno smarrito la loro verve e energia, per quanto tre quinti della line-up attuale fossero già presenti sulla loro prima uscita.
Ciò che ritroviamo sono la volontà e l'attitudine tipiche di una band che non ha alcuna intenzione di tradire le proprie radici, quelle che affondano in profondità nella N.W.O.B.H.M. e negli anni '80, tra Tank, Raven, Avenger, ma anche rimandando a gruppi che sono nati dopo i loro primi passi, come nel caso di The Almighty o Wolfsbane. Così non stupisce affatto scoprire che i Tysondog per soprintendere alle registrazioni si sono affidati a Jeff 'Mantas' Dunn, ai tempi chitarrista dei Venom e ora nei Mpire Of Evil.
Brani ruvidi, quadrati, massicci, tanto nelle vocals di Clutch Carruthers (potrebbe tranquillamente essere stato una possibile fonte di ispirazione per Blaze Bayley) quanto nel sound complessivo, raramente arioso e con qualche concessione alla melodia solo qua e là, ad opera delle chitarre di Paul Burdis e Steve Morrison, una coppia che si rivela non solo all'altezza del compito ma anche in grado di fare la differenza.
Fatto salva l'azzeccata power ballad "Broken", con i suoi squarci acustici che cedono il passo a momenti intensi e dal pathos tangibile, la maggioranza delle canzoni picchia ("Into the Void" o "Addiction" ) o spacca ("Crash and Burn") e non credo di esagerare affermando che "Cold as Ice", con le sue ritmiche devastanti, sia in grado di ricordarci da dove era partita la molla che fece scattare l'idea dietro al Thrash Metal
No time for the lost and the lonely...
E se si erano persi... ora fa piacere averli ritrovati.
You want it all, but you can't
read it
It's in your face, but you can't
read it
What is it? It's it
What is it? ... it's the
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