Originalità e Death Metal Old School molto difficilmente vanno a braccetto. O possiedi una classe cristallina che ti permette di uscire dagli schemi di un genere che ha detto praticamente tutto, oppure ti rimbocchi le maniche e lavori duro conscio che il massimo risultato che potrai ottenere è quello di esser considerati fra i migliori delle seconde linee.
Gli Entrails appartengono a questa seconda e più vasta categoria di gruppi, ottimi picchiatori e conoscitori della materia, ma che, a meno di una improvvisa epifania, difficilmente potranno uscire dall’ombra ingombrante di chi li ha preceduti.
“Obliteration” è il quarto album della band di Linneryd, secondo per la Metal Blade, e vede l’ingresso in lineup di un nuovo chitarrista Pontus "Penki" Samuelsson al posto del defezionario Mathias Nilsson, rimpasto questo che non ha alterato l’alchimia del gruppo.
Si parte con il piede giusto con la lugubre “No cross left unturned” sostenuta da riff entombeggianti appartenenti ai bei tempi che furono, sicuramente uno dei migliori episodi di “Obliteration”.
La successiva “Epitome of death” è decisamente più cadenzata senza però perdere in potenza, da segnalare che il riff melodico posto in chiusura della canzone è letteralmente rubato dall’apertura della nota “Marcia funebre” per pianoforte di Chopin.
Decisamente insolito in ambito metal estremo, personalmente ricordo un episodio similare da parte dei conterranei Marduk, i quali utilizzarono l’attacco iniziale della “Notte sul Monte Calvo” di Mussorgsky in “Glorification of the black god” contenuta nel devastante “Heaven shall burn...”.
I brani successivi proseguono su un buon ritmo aggiungendo di volta in volta elementi presi anche dai miei amatissimi Dismember (v. “Beyond the flesh”) e dai Bloodbath, poderose spruzzate di d-beat quando serve e marcati stop and go.
Peccato che, attraverso un ascolto attento, si denoti da parte degli Entrails una tendenza di riutilizzo di soluzioni e strutture già usate negli album precedenti che non credo sfuggiranno a chi conosce la band fin da “Tales from the morgue” del 2010.
“Obliteration” chiude scoppiettante con il trittico “Bonestorm” ,”Abyss of corpses” e “Re-animation of the dead” che risollevano di molto la valutazione finale del cd, brani questi che promettono di animare, se non incendiare, il mosh pit sotto il palco.
L’appuntamento con “l’album della svolta” è purtroppo ancora rimandato, ma gli Entrails rimangono fra le migliori espressioni del genere made in Sweden di questi anni.
P.S.: Se siete innamorati persi del death svedese, potete tranquillamente aumentare di mezzo punto il voto scritto in calce
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