Gli
Zero Down non tracciano nuove vie espressive, non sono una “new sensation” della tradizione metallica e nemmeno hanno alle spalle un passato (tre buoni album all’attivo) tanto glorioso da permetter loro di vivere sugli allori, ma se cercate un gruppo solido e compatto, capace di scrivere ed eseguire melodie possenti,
riff attanaglianti e
solos flagellanti, il mio modesto suggerimento è di non trascurare questo “No limit to the evil”, un disco alquanto coinvolgente dalla prima all’ultima nota.
Ovviamente vi devono piacere Judas Priest, Accept, Malice, Saxon e Motorhead, frullati piuttosto abilmente in un
sound pilotato dall’ugola scorticante di Mark “Hawk” Hawkinson, sferzato dai fendenti dei “maestri d’ascia” Lenny Burnett e Matt Fox e sostenuto dalla tumultuosa sezione ritmica composta dalla coppia di fabbri Ron E. Banner e Chris Gohde.
Trentanove minuti di
heavy metal anthemico, graffiante e adrenalinico vi attendono al varco senza soluzione di continuità, a partire dalla potenza albionica di “Return of the godz” e della
title-track, passando per le cadenze alemanne di “Devil’s thorn”, “Leche di tigre” e del
panzer “Steve McQueen”, per il sentore
settantiano (Thin Lizzy
docet) di “Cold winters night”, la velocità primitiva di "Phantom host” (roba che piacerebbe tanto a Udo quanto a Lemmy!) e approdando, con "Suicide girl” e “Two ton hammer”, a lambire territori più “affabili”, concedendosi a una versione particolarmente grezza e scorbutica di
street-metal.
“No limit to the evil” è un albo che, senza troppe pretese, fisime e paranoie, vi farà riassaporare il gusto intenso e corposo dell’
HM classico … a me continua a piacere e a voi?
P.S. l’
artwork dell’opera è curato da Ed Repka, disegnatore statunitense noto per aver lavorato per Megadeth, Dark Angel, Death e molti altri nomi celebri della scena
metal internazionale.
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