Ormai associo questo disco alla figura dello yeti: tutti ne parlano ma nessuno l’ha mai visto. Finora. In questo caso specifico lo yeti è un quintetto che viene dal Canada (patria di Céline Dion, è vero, ma anche di talenti musicalmente più godibili come Rush, Devin Townsend e Voivod per citare i più noti), esordisce con la InsideOut (già di per sé garanzia di qualità) e suona un mix originale a metà strada tra hard rock, progressive all’americana e musical.
Tanta dinamica, ammirevole al giorno d’oggi in un mercato discografico saturo di decibel, produzione moderna con voce e cori molto “davanti”, quasi pop, e arrangiamenti equilibrati e curati al servizio di brani non eccessivamente prolissi nell’ordine dei 4/5 minuti. Infatti una delle carte vincenti di questo album è proprio la capacità di concentrare molte qualità in pochi, accessibili e godibili minuti di canzone. Per i motivi sopraccitati siamo al cospetto di 10 potenziali singoli, dall’opener “Get The Gun”, con il suo incedere a tinte prog, alla strizzata d'occhio al nu-metal “Breathe Thi”s, dal tributo ai Queen “Who You Are” fino alla più epica e conclusiva “Sweat Runs Cold”.
Lo yeti esiste, speriamo di rivederlo presto e, soprattutto, che abbia qualcos’altro da dire.
A cura di Gabriele Marangoni
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