Quando si iniziò a parlare di questo progetto fui molto incuriosito: tre acclamati assi dei propri strumenti uniti nell’ennesimo super-gruppo per dar vita a un album interamente strumentale. Certo, ci si aspettava “un disco per musicisti”, perché di questo si tratta, e personalmente confidavo in una riscoperta della formula “keyboard-driven power-trio” di matrice seventies (per intenderci alla ELP, Quatermass, Triumvirat, Orme, ecc.). Si venne poi a conoscenza del fatto che
Minnemann avrebbe suonato pure la chitarra, e le aspettative virarono (sigh) verso un disco più vicino alle sonorità Liquid Tension Experiment, Planet X o simili. Ebbene il disco uscì e, a distanza di quasi due anni, non sono ancora in grado di affermare con certezza se il disco sia riuscito o meno. La qualità strumentale non si discute ma le idee e le sonorità, complessivamente e non per banalizzare, sanno tutte più o meno di “già sentito”. Sono sempre apprezzabili le capacità di sintesi di certi musicisti notoriamente prolissi
(Rudess su tutti) ma nonostante questo i brani, che mediamente durano dai 3 ai 5 minuti eccezion fatta per "Mew" e la finale "Service Engine", sembrano non finire mai. I pezzi più centrati non mancano, come l’iniziale "Marcopolis" e la già citata "Service Engine", ma 62 minuti di musica “così” nel 2013 mi sembrano francamente troppi (e lo dice uno che è cresciuto a pane e Genesis).
Detto questo sono fermamente convinto che tutti i dischi, nessuno escluso, meritino almeno un ascolto per cui se conoscete i nomi coinvolti date a "LMR" una possibilità e giungete alle vostre conclusioni. Quello che posso dirvi è che in questo disco troverete tutto quello che vi aspettereste, né di più né di meno. “Peccato”, mi viene da aggiungere.
A cura di Gabriele Marangoni
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