Gradite “massaggiarvi” regolarmente l’apparato
uditivo con dosi massicce di Pantera, Machine Head, Black Label Society e Metallica? Amate i
groove possenti, gli strappi furiosi e al contempo non disdegnate contenute ma significative inoculazioni di (vischiosa) melodia?
Qualora al succitato breve questionario abbiate risposto in maniera affermativa, potrete trovare sicuramente motivi di “conforto” nel debutto autoprodotto di questi
Forklift Elevator, quintetto patavino fornito di discrete dotazioni tecniche individuali, confluite in una solida e granitica proposta musicale dall’impatto sonoro complessivo assai imponente.
Non particolarmente “impressionanti” sotto il profilo della personalità, i nostri suppliscono alla (diffusa) carenza con un’intensità comunicativa piuttosto densa e coinvolgente, dimostrando di saper variare abbastanza efficacemente il proprio canovaccio stilistico.
Si passa, infatti, e con una certa disinvoltura, dagli assalti brutali e spietati di “Misery”, “Blackout” e “The skin” (parecchio suggestivo il
break orientaleggiante), al clima oscuro e malinconico di “Overload” (qualcosa tra BLS, Pride And Glory e AIC), finendo addirittura per approdare alle atmosfere inquiete e passionali di "Arey” (non lontanissima da certi A7X), non proprio esaltanti invero, e tuttavia risolte in maniera più che onorevole.
Non spiacciono, infine, i fremiti White Zombie-
eschi di “The fog” e gli scampoli di
thrash cibernetico concessi a “Cathedral” e “Dream reaper”, per un disco che verosimilmente non sovvertirà “l'ordine costituito”, ma che merita di certo l’attenzione del pubblico di riferimento e magari pure quella di qualche
label intraprendente e illuminata, in grado di supportare i Forklift Elevator nella ricerca di quel pizzico di carisma espressivo essenziale per farli emergere dalla convulsa stagflazione della scena contemporanea.
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