Certa “gente” non riesce proprio a prendersi una pausa … e sì che parliamo di un sessantenne certamente benestante che potrebbe tranquillamente oziare nella piscina della sua villa
losangelina … e invece no, continua a sfornare dischi a getto continuo, tra lavori solisti, collaborazioni, progetti più o meno estemporanei e questi
Lynch Mob, forse la sua “creatura” più completa e consistente, se non altro perché nata subito dopo lo
split con i monumentali Dokken (
ahi, il ricordo causa ancora una fitta al mio povero cuoricino).
Avrete già capito che sto parlando di George Lynch, che a distanza di pochi mesi dal precedente “Sun red sun”, ripresenta la gloriosa sigla per questo ”Rebel”, licenziato su etichetta Frontiers Music, un’altra che in fatto di iperattività non scherza per nulla.
Con il contributo degli “storici” Oni Logan e Jeff Pilson (suo “partner in crime” nei Dokken, per gli smemorati impegnati nella lettura) e un altro “signor nessuno” come Brian Tichy (il suo
curriculum è più lungo della lista dei luoghi che vorrei visitare prima dei cinquant’anni … ed essendo io un instancabile viaggiatore “virtuale” vi assicuro che l’elenco è molto corposo!) il “furioso” George sforna un’opera di notevole valore, che mescola con saggezza
hard-blues,
sleaze e
class-metal, aggiungendo al frizzante
cocktail anche un pizzico di sonorità “attualizzate”, giusto per non renderlo adatto solo ai palati nostalgici.
Chi aveva apprezzato il ritorno del 2009 di “Smoke and mirrors" e aveva temuto un po’ per la succitata replica del 2014, leggermente meno efficace, sono sicuro gioirà per questa ritrovata
verve, mentre a beneficio di tutti quelli che considerano tuttora “Wicked sensation” e “Lynch Mob” i vertici del gruppo, consiglio di ascoltare con attenzione “Rebel” … difficilmente potranno cambiare opinione (e per molte ragioni, anche “affettive” …), e tuttavia allo stesso tempo potranno a tratti rilevare delle interessanti analogie tra le due situazioni, se non altro sotto il profilo dell’intensità espressiva.
“Automatic fix” è un bel modo di “aprire le ostilità”, con il suo
mood ombroso e incalzante e le
vocals vagamente Dickinson-
iane di Logan, ma bisogna anche ammettere che se non arrivasse un
guitar solo da brividi, probabilmente sarei costretto a esprimermi in termini meno lusinghieri.
“Between the truth and a lie” e “Testify” sono invece brani di maggiore spessore artistico complessivo, alimentati da una performante benzina
hard-rock blues addizionata di seduttiva “sporcizia”
stradaiola, e anche la successiva “Sanctuary” garantisce una forma piuttosto elevata di coinvolgimento emotivo, stavolta attraverso un inquieto tracciato armonico, non lontano dalle atmosfere di certo
radio-rock contemporaneo.
Ancora ambientazioni Whitesnake-
iane per le ottime “Pine tree avenue” e “Jelly roll”, e se “Dirty money” svolge con efficienza il suo ruolo di brioso intermezzo a carattere
anthemico, tocca a “The hollow queen” tornare a conquistare veramente l’attenzione grazie ad un suggestivo clima sonoro pregno di vapori psichedelici.
“The ledge” è una cupa ed emozionante
power-ballad metropolitana, “Kingdom of slaves” solca con discreta efficacia sentieri Sabbath-
eschi e “War” chiude l’albo con una ficcante melodia marchiata da scintillanti cromature metalliche (e qui Oni ricorda davvero
Sir. Air Raid Siren), su cui la magica sei corde di George ricama ancora una volta da par suo.
Non rimane che consigliare “Rebel” ai (molti?)
fans dei Lynch Mob e a tutti i sostenitori della buona musica … per una volta tanta quantità non è andata a discapito della qualità.