In occasione della recente reunion degli Accept, che vedrà il combo tedesco protagonista anche sul palco del Gods Of Metal 2005, la SPV ha ristampato i primi quattro dischi della formazione capeggiata dal minuto singer Udo Dirkschneider, singer dall'ugola al vetriolo e dal carisma unico. Sottolineare per l'ennesima volta l'importanza ricoperta dagli Accept nell'ambito della scena heavy metal europea sarebbe superfluo, basti pensare alle numerose dichiarazioni di stima che icone del power metal come Gamma Ray, Helloween e Blind Guardian hanno espresso più di una volta nei confronti della band teutonica, accostata per importanza addirittura ai Judas Priest dei tempi d'oro. L'omonimo album, pubblicato nel 1979, mostra come il sound degli Accept abbia saputo acquisire personalità e migliorarsi con il passare degli anni: ascoltando "Accept", infatti, ci si trova di fronte ad una band ancora lontana dall'assalto sonoro dettato nei successivi episodi, intenta piuttosto a proporre un hard rock spensierato e commerciale, vicino ora agli Ac/Dc meno abrasivi, ora a quella nwobhm che di lì a poco avrebbe giocato le sue carte migliori. Fra i brani più convincenti spiccano l'energica opener "Lady Lou" e l'intensa ballad "Seawinds", cantata dal bassista Peter Baltes, dietro il microfono anche per "Sounds Of War". Fino a questo momento la Germania considera gli Accept come un'onesta formazione dedita al rock duro, probabilmente destinata a perdersi fra la miriade di band in uscita in quel periodo, ma le cose sono destinate a cambiare in breve: il primo presagio lo sia avverte nel 1980, anno in cui viene pubblicato "I'm A Rebel". Nonostante le coordinate sonore della formazione continuino a strizzare l'occhio al grande pubblico, arrivando ad optare addirittura per soluzioni vicine alla dance anni '70 con brani come "Save Us", l'innesto del nuovo batterista Stefan Kaufmann ed una maggiore incisività di Udo, sempre più sguaiato ed isterico nelle proprie performance vocali, donano carisma agli Accept, avvicinandoli sempre di più a quello stile musicale che, proprio in questo periodo, inizia ad essere universalmente riconosciuto come heavy metal. Impossibile non citare l'immortale title track, tuttora presente nella set list dei concerti, e la convincente "Thunder And Lighting", mentre la dolce "The King" mostra ancora una volta il lato acustico degli Accept, vicino in alcuni aspetti agli Scorpions più commerciali. Ma non è certo per brani così pacati che la band raggiungerà la meritata fama: è il 1981 quando la carriera degli Accept entra nel periodo più fertile. Le influenze rock vengono lasciate parzialmente alle spalle, il riffing della coppia Hoffman/Fischer si fa più deciso e ruvido mentre il drumming di Kaufmann inizia a salire di bpm. "Breaker" mostra per la prima volta l'iconografia che renderà riconoscibili gli Accept in tutto il mondo: le immancabili chitarre a V e quell'attitudine che in Toscana descriverebbero come "talla", sempre in bilico fra filo spinato, fiamme e borchie. Imperdibili almeno tre episodi: la coinvolgente opener "Starlight", la sfrontata "Son Of A Bitch", dove per la prima volta vengono adottate quelle atmosfere mutuate dalla musica classica che diventeranno il trademark dei brani più noti degli Accept, e la seminale "Breaker", una della canzoni fondamentali per la nascita del power metal tedesco (assieme, ovviamente, a "Fast As A Shark"). Degne di nota anche la rockeggiante "Burning", "Run If You Can", che in più di un'occasione evoca il fantasma dei Judas Priest, e l'immancabile ballad "Breaking Up Again", la cui parte vocale viene curata ancora una volta dal bassista. Superato lo scoglio del terzo disco, solitamente il più importante nella carriera di una band, gli Accept procedono come una valanga in piena e, nel 1982, si consacrano definitivamente paladini del heavy metal grazie al loro capolavoro, tuttora rimasto insuperato: "Restless And Wild". Ci sarebbero fiumi d'inchiostro da sprecare anche solo per descrivere l'assalto frontale della già citata opener "Fast As A Shark" o del relativo intro folcloristico, ma purtroppo lo spazio è tiranno e bisogna quindi accontentarsi di poche righe nelle quali elogiare l'irresistibile cavalcata della title track, il groove di "Shake Your Heads" e "Neon Nights", monolitici mid tempo nei quali gli Accept non mancano di confermarsi gli Ac/Dc del metal, e l'ottima "Flash Rockin' Man", il cui riff portante suona come il legittimo antenato di quella "Two Minutes To Midnight" targata Iron Maiden. Conclude il disco "Princess Of The Dawn", brano fondamentale nella discografia degli Accept, dove le ben note soluzioni classiche fanno da contrappunto ad un refrain malinconico, capace d'incendiare folle oceaniche, soprattutto nelle Terre del Sol Levante. Tutte e quattro queste ristampe vengono presentate con un booklet fornito di testi, commenti di Udo (invero molto scarni, limitati alla prima pagina) e foto inedite. Un must per i pochi sfortunati che ancora vivono all'oscuro di una delle formazioni più convincenti e grintose della storia del heavy metal.
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