Ho ascoltato talmente tante volte questo 'Arcane Rain Fell' che, ci crediate o meno, mi sono completamente scordato di recensirlo. Ve ne chiedo subito venia, in quanto capisco di essere stato egoista nel non condividere con voi questo stupendo - e ripeto il concetto di stupendo - platter. Erano anni che non ascoltavo un qualcosa del genere, un Death Doom così oscuro e sensuale da lasciare spiazzati, a livello dei migliori My Dying Bride (e forse qualcosa di più... ), capace di far ritornare in mente, anche se solo a sprazzi, il magnifico e stupefacente 'Dance Of December Souls', primo indimenticato lavoro sulla lunga distanza dei Katatonia. Questo combo svedese, al secondo lavoro, intinge il proprio sound di stupenda amarezza e di profonda epicità, forse come poche altre bands oggi riescono a fare, rimanendo sempre su songs lente e pulsanti, ma talmente grevi e magnificamente arrangiate che ogni cascata di riff, dalla più "lamentosa" alla più corposa, sembra prendere dinamicità ad ogni singola apertura o ad ogni singola pennata. Importantissimo è il lavoro delle keyboards, sempre costantemente presenti, dal semplice basilare tappeto fino ad attingere un ruolo di assolute protagoniste. Ottima, anzi eccellente, la sessione ritmica e le voci... batteria rocciosa e potente nel suo incedere costante, perfettamente in simbiosi con il basso, mentre profondo, fiero e drammatico è il growl del singer Jacobson, alternato da voci pulite filtrate (e qui i My Dying Bride hanno fatto scuola) e dalla voce cristallina di Lisa Johansson, discretamente presente nel complesso del lavoro e decisamente puntuale nelle sue apparizioni. Le songs si presentano lunghe e ben strutturate, mai banali e troppo pedanti (neanche i i quasi 16 minuti di 'Death, Come Near' portano alla stasi o, peggio, ad un flesso del dischetto), ma sempre affascinanti e coinvolgenti. 'Arcane Rain Fell' è un album con la A maiuscola, che riporta il livello del Death Doom in alto, così come lo era diversi anni orsono, quando le prime bands, che poi hanno insegnato la via da percorrere, erano cavalli selvaggi che scalpitavano nelle ombre. Magnifico, monolitico (grandissima la produzione), massiccio, oscuro e statuario. Penso che la front cover sia la miglior rappresentazione possibile del contenuto del dischetto in questione... una statua di un angelo pensieroso, che attende sotto un albero centenario, di essere solamente avvolto dalle fredde nebbie di una terra desolata. Ovviamente, tutto in grigio ammantato. Il meglio del Death Doom ora è nelle mani di questi draconici svedesi.
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