“
Non ascoltate quell’intro”.
Credo sia lecito introdurre così, con un’esortazione reminiscente dei peggiori (o migliori, dipende dai punti di vista)
slasher movies anni ’70, l’analisi di quello che può esser definito un vero e proprio incubo messo in note.
Incubo che assume le sembianze di un riff in tremolo di straziante dissonanza, ripetuto con ostinazione tale da sfociare in tortura per i padiglioni auricolari.
Denti che stridono per il terrore sino a spezzarsi l’uno contro l’altro, pupille che danzano vorticosamente all’implacabile ritmo del delirio, arti che si piegano in modo innaturale sotto il peso di orrori celati nell’inconscio…
Questo è l’immaginario evocato dai primi 2:40 dell’opener
Arcanæ Manifestia.
Poi il brano prende corpo, si trasfigura, muta pelle…
Ma le sensazioni che la musica degli
Ævangelist è in grado di suscitare rimarranno intatte lungo tutto il terrificante, nuovo full
Enthrall to the Void of Bliss.
Una volta ancora, il prolifico duo a stelle e strisce è riuscito a musicare tormenti, angosce, allucinazioni attraverso una miscela sonora che possiamo, seppur a fatica, infilare nel sottoinsieme del
blackened death metal.
Tuttavia, chi conosce gli
Ævangelist sa quanto tale catalogazione stia loro stretta: dopo
Ælixir (dal precedente
Writhes in the Murk) i Nostri attingono di nuovo dal jazz più straniante in occasione della magistrale
Meditation of Transcendental Evil; concedono un attimo di respiro grazie ai beats elettronici dell’intermezzo
Alchemy; rimembrano i gorgoglii sofferti di certo depressive (siamo dalle parti di
Nattramn o del primo
Niklas Kvarforth, per intenderci) nell’angosciante incipit di
Emanation.
Per il resto ci troviamo di fronte al consueto, irrinunciabile gorgo putrescente di riff malati e drumming schizofrenico, da cui emergono samples spaventosi, grida laceranti, lugubri brusii e tetre invocazioni.
Una produzione più grezza rispetto ai precedenti lavori pone in risalto il guitar work di un
Matron Thorn ispiratissimo e la prestazione del vocalist
Ascaris, il quale si conferma ancora una volta, per eclettismo interpretativo e profondità del
growling, ai vertici assoluti della scena.
In considerazione di ciò, e nonostante le sbieche deviazioni di cui sopra,
Enthrall to the Void of Bliss possiede la compattezza di un monolite da cui sarebbe improprio isolare singoli episodi. Nel contempo, trovo amorale non elogiare le trame chitarristiche di
Gatekeeper’s Scroll, la dolorosa litania di
Levitating Stones e la stordente progressione di
Cloister to the Temple of Death.
Ormai l’avrete capito: gli
Ævangelist si confermano infallibili ed instancabili. Non accennano a diminuire il ritmo delle loro releases senza che ciò conduca alla minima irresolutezza a livello di songwriting ed ispirazione. Una rarità nel panorama odierno.
Gran colpo, quindi, per la statunitense
20 Buck Spin, e un vero peccato per la transalpina
Debemur Morti, che vede evaporare dal proprio roster una band sì di nicchia, sì per pochi(ssimi), ma tra le più talentuose ed interessanti degli ultimi anni.
Per i non iniziati al culto che volessero tentare un assaggio suggerisco l’ascolto in cuffia -a volume sconsigliabile, come ovvio-, da soli, di notte, in una stanza completamente buia.
Ma se ritenete che il metal “estremo” sia rappresentato da band come
Mors Principium Est,
Arch Enemy o
Children of Bodom, beh… lasciate perdere, è meglio.
Per quanto mi riguarda, un posto nella poll di fine anno è già assegnato.