Tra le sorprese più gradite del 2014, gli
Alfahanne mi hanno subito colpito per la loro abilità nel mischiare elementi black, punk e rock in maniera davvero credibile, creando una sorta di metallo nero malinconico e "abbordabile" come descritto nella recensione di
Alfapokalypse.
Gli svedesi si ripresentano oggi con un secondo lavoro che risulta gradevole ma meno affascinante del precedente. Come stavo dicendo,
Alfapokalypse era un disco intenso, vario, incisivo pur avendo una facilità d'ascolto elevata. Ora questa immediatezza è stata allargata togliendo molti riff graffianti, atmosfere sinistre e apocalittiche a favore di una fruibilità maggiore, molto basata sulla voce (in lingua madre) che si è fatta più lineare e meno nervosa, così come le strutture delle canzoni sono più dirette e ripetute. Fortunatamente non mancano episodi davvero riusciti come
Skallerormsgift, brano parecchio in linea con il precedente album,
Hora Tills Du Dör che porta finalmente un po' di velocità (un up-tempo andante) ed incisività con variazioni nel cantato altrimenti molto piatto, ed infine
Arkeologen che, senza adottare chissà quali espedienti, riesce comunque ad essere più ficcante e giocare bene le sue carte. Il resto dei brani, invece, adotta soluzioni davvero semplici e tirate per le lunghe, perdendo per strada grossa parte del fascino della loro proposta, insistendo ad oltranza sulla sottile malinconia che regna su tutto il disco. Parentesi
Anathema compresa, vedi lo stacco poco dopo la metà di
Besatt.
Blod Eld Alfa rimane un disco piacevole ma che manca di spessore e finisce per stancare un po' presto con il susseguirsi degli ascolti. Forse sono un po' troppo critico con loro, qualche ascolto glielo si dà alla grande, ma sapendo bene cosa sono riusciti a realizzare un anno fa, pretendo di più.
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