"Shadowline" è il nuovo album per i
Black Trip, con gli svedesi che allontanano definitivamente i sospetti di essere solamente l'ennesimo side project. Infatti, come già fatto presente in occasione del precedente "Goin' Under", la formazione è formata da musicisti che fanno (o hanno fatto) parte di bands come Unanimated, Entombed, Nifelheim, KRUX e Enforcer, i quali in questa incarnazione danno sfogo alla propria passione per l'Hard Rock. Di quello che ha un piede negli anni '70 (Thin Lizzy, Blue Oyster Cult, UFO e vecchi Scorpions) e l'altro nella primordiale N.W.O.B.H.M. (Saxon, Tygers Of Pang Tang e soprattutto gli immancabili Iron Maiden).
L'urlaccio che apre "Die with Me" cede lesto spazio a sonorità hardeggianti con chitarre spesse e fumose, a sottolineare quell'approccio
retrò che si respira su brani come "Danger", "Berlin Model 32", "Subvisual Sleep" o la conclusiva "Coming Home". Nel complesso Joesph Tholl se la cava più che dignitosamente, anche nei passaggi maggiormente maideniani (chiaramente quelli dei primi due dischi) di "Over the Worldly Walls" o "Clockworks", grazie ad un'ugola ruvida il giusto (pure nel ricordare un Paul Di'Anno maggiormente educato) e a quell'approccio non pretenzioso che lascia trasparire.
La maggior parte dei pezzi suona rocciosa e con un bel guitarwork dalle tentazioni
vintage (soprattutto nei solos) e tutte, indiscriminatamente, trasudano di un gustoso feeling ottantiano, garantito anche dalla mano capace ed esperta di Nicke Andersson (Entombed, The Hellacopters... ) che ha curato la produzione del disco.
Tuttavia - gira e rigira - "Shadowline" mi lascia alle prese con lo stesso dubbio del loro esordio...
'sti Black Trip non saranno fin troppo derivativi e scolastici?
You want it all, but you can't
read it
It's in your face, but you can't
read it
What is it? It's it
What is it? ... it's the
review
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