Allora...cominciamo con una premessa, il primo che piazza le parole
Iron e
Maiden qui sotto nei commenti lo falcio. Perché percepisco da lontano qualche fenomeno che accosterà
"Repentless" a
"The Book quello là" e la differenza fra il rendimento di due band, che, a modo loro, hanno fatto la storia del Metal. I confronti sono una delle cose che mandano più in bestia il sottoscritto, tuttavia in rete, già da tempo (complice la diffusione illegale anticipata degli album), miriadi (li definirei orde, ma forse i barbari o gli orchi sono/sarebbero provvisti di maggior intelletto) di critici musicali improvvisati stanno mostrando le loro doti accostando le carriere degli
Slayer e degli Iron Maiden, con i rispettivi alti ed i bassi, e viene fuori che i thrasher son morti perché mancano Hannemann e Lombardo, mentre gli inglesi sono ancora in auge ed hanno sfornato un disco avvicinabile a "Seventh Son" (?!) (quando probabilmente
il fantasma del Natale futuro gli aveva già mostrato la lapide ai tempi di "The Final Frontier").
Qui si parla di
Slayer e di
Slayer soltanto, una band che assieme a Testament ed Exodus (questi ultimi autori di un ultimo full-length eccezionale e, per piacere, non tiriamo fuori Metallica e Megadeth) riescono ancora a tirar fuori qualcosa che è pienamente definibile come Thrash Metal. È vero, lo ammetto, al gruppo in oggetto di recensione ed ai sovracitati Testament il sottoscritto deve molto, perché oramai un bel po' di anni fa, in quella sordida aula di terza media, dopo gli inevitabili Metallica, sono state queste due formazioni a condurmi nella selva oscura del metallo più puro. Non si consentono in questo caso però estemporanee valutazioni da fanboy o qualsivoglia analisi che comprenda un giudizio troppo soggettivo. Qui si parla di thrash metal, di vero thrash metal, di qualcosa che manca oltremisura nell'ingarbugliato panorama metal attuale.
Come avrete notato tutti, molti pezzi sono stati diffusi in anteprima per invogliare i fans e sicuramente per creare molta attesa intorno all'album. In redazione se n'è parlato molto e l'aspettativa era senza alcun dubbio molto alta. Dei brani lanciati in anticipo probabilmente
"When the Stillness Comes" è stato quello accolto più tiepidamente: un pezzo eterogeneo, un brandello di carne che sembra quasi non appartenere agli Slayer, forse questo è anche un bene, ma i gusti del pubblico (fra truemetallers, fanboy, ecc.) sono difficili da soddisfare pienamente senza offendere qualcuno. All'uscita della title-track
"Repentless", mi sono quasi convinto che il disco potesse essere un capolavoro, forse l'album dell'anno, bellissima sensazione che mi aveva già pervaso in occasione della diffusione di
"Implode". Quei riff, quella potenza sprigionata, quel drumming spietato di un mostruoso Paul Bostaph (probabilmente il più in palla dei quattro) e quel perfetto inserimento del monumentale Gary Holt (che ricordiamo aver contribuito solamente con i devastanti assHoli), gli Slayer son tornati, non ce n'è per nessuno.
Da dove si riconosce un bel disco, direte voi...Beh, io sono sempre stato del parere che i primi attimi (o forse minuti, ma credo sia già troppo tempo) siano fondamentali nella scelta, nel riconoscimento di un'opera d'arte e
"Delusions of Saviour" era quello che aspettavo da anni. Un paradossale balzo indietro negli anni d'oro, ai fasti del Thrash, e l'idea di farvi seguire un pezzo come
"Repentless" è azzeccatissima. La stessa
"Take Control" è un assalto senza sosta, con ancora una volta un Bostaph clamoroso e con i due axeman che dispensano violenza spietatamente. Il riffing della successiva
"Vices" è poi una vera e propria goduria e l'assedio del drumming quasi rincuora: sì, è metal, quello vero.
"Cast the First Stone" (
Giovanni, 8,7, se qualcuno fosse interessato alla citazione) è anch'essa soddisfacente, soprattutto nella parte finale, arrembante, che si interrompe bruscamente e lascia spazio alla già citata
"When the Stillness Comes". È divertente pensare come sia uscita questa traccia, distaccata dal resto dell'album, una domanda che farei di sicuro agli
Slayer.
"Chasing Death" e l'ampiamente anticipata "Implode" somministrano un'altra bella dose di brutalità, mentre
"Piano Wire" rallenta leggermente ma senza ammorbidire.
"Atrocity Vendor" è breve ma incisiva, minuti lasciati invece a
"You Against You" ed alla decadente
"Pride in Prejudice" (no, Jane Austen non c'entra).
Al termine di
"Repentless" posso dirmi soddisfatto e non aspettavo che gli Slayer potessero rilasciare ancora un disco così tagliente. Una quarantina di minuti nel thrash e nel metal senza fronzoli, paillette e lustrini, solo ed esclusivamente rabbia e potenza.
PS: Ai fanboy maideniani che osano avventurarsi a leggere questa recensione con la croce sulle spalle, posso dire: il disco dei Maiden vale il doppio di quello degli Slayer, in durata... (giusto così per dissuadervi)
"Repentless"