Lo so, il rapporto che mi lega alla tecnologia -e all’internet in particolare- è spesso conflittuale, ma stavolta non ho commesso alcun errore nel caricamento del file: la copertina dell’album è proprio così. Se osservate attentamente, fra l’altro, noterete che non è del tutto nera, scorgendo così la sagoma di una lapide cruciforme, effimero memento di un defunto che ha perso l’impari lotta con natura e oblio.
Immagine perfetta, quindi, per rappresentare il carico di sofferenza che promana dai solchi del dischetto oggi in esame.
Parliamo di un piccolo, ma gustoso, split album, che vede due interessanti band doom metal spartirsi il proscenio. Solo una canzone a testa, ma pur sempre 25 minuti di durata complessiva, dunque non mi pare il caso di lamentarsi troppo.
Si parte coi londinesi
Eye of Solitude, compagine che il sottoscritto apprezza in particolar modo.
La loro
Obseqvies, lo ammetto, mi ha piuttosto spiazzato: mette sì in mostra la nota propensione per le parentesi sinfoniche; d’altra parte, non si rinviene traccia dei retaggi
death e
gothic ben udibili su lavori come
Sui Caedere o
Canto III.
Di fatto, il brano sceglie di adagiarsi nel solco del
funeral più plumbeo e catacombale, con inevitabile scomparsa di quei caratteri d’impatto e dinamismo che le predette influenze erano in grado di garantire.
Ottimo pezzo, nondimeno.
Si prosegue con i
Faal, la cui esistenza, per amor di verità, ignoravo sino a tre giorni addietro (un piccolo consiglio: dubitate dei “colleghi” di altri portali che sembrano conoscere a menadito ogni gruppo metal sulla faccia della Terra).
A dispetto del nome -
fail in lingua olandese-, i Nostri dimostrano di saperci fare: la loro
Shattered Hope rimane immancabilmente abbarbicata al filone funeral, dimostrando tuttavia un notevole impatto strumentale, soprattutto all’altezza della bellissima porzione conclusiva.
Direi che il punteggio di un ipotetico match sarebbe 1-1, anche se trovo giusto riconoscere agli
Eye of Solitude una marcia in più a livello di arrangiamenti e, forse, margini di crescita (parliamo di un gruppo fondato solo nel 2010).
La qualità, l’avrete capito, non manca, ma in un anno così prolifico per la Musica del Destino non me la sento di consigliare questo split in modo spassionato: le priorità di acquisto, per gli sparuti cultori di questo genere, sono altre.
D’altro canto, se vi ritenete amanti dell’agonia, del lutto, della rassegnazione in note, fateci un pensierino, o quantomeno tenete d’occhio le due promettenti realtà
underground qui impegnate.
Non è ancora stato scritto nessun commento per quest'album! Vuoi essere il primo?