Progetto giovane e appena arrivato al debutto, questo degli americani
Graveshadow. La band è capitanata dalla singer
Heather Michele, alle cui spalle si muove un six-piece dalle intenzioni power, sfumate di sinfonico da una parte, condite da occasionali screams e growls dall’altra. Se fossi un pazzo azzarderei il paragone stilistico con gli
Epica, ma non sono un pazzo, non del tutto almeno. Qui il prodotto è molto più grezzo e appena nato, e manca la quota stilistica, la produzione e, ammettiamolo, la voce e la presenza degli olandesoni.
Sì, perché “
Nocturnal Resurrection”, e mi fa quasi paura dirlo, si condisce di sfumature e citazioni da “Game of Thrones”, interessante serie di libri e ora fenomeno televisivo del secolo, che sta per fare la fine di tutti i tormentoni, da Twilight a Harry Potter, dalla produzione Marvel alle saghe di Tolkien: delicati o interessanti pezzi di scrittura, multisfaccettati e bilanciati, che diventano merce di massa, televisione fast-food, non riuscendo a regalare allo spettatore un grammo della originaria potenza immaginifica o letteraria, ma fungendo soltanto da macchina dei soldi per studios e produttori. Ok, mi fermo, mi fermo.
Dunque, si diceva. I Graveshadow ci regalano un dischetto ancora acerbo ma pieno di intenzioni interessanti. Ci sono brani più symphonic-power oriented, come la bella “
Lycan Lust” o la nightwish-iosa “
Winter’s come to Call” (occhio a titoli e testi, sapete già dove ci stiamo collocando). L’album non ha purtroppo lo stesso livello di ispirazione, così brani come “
Blink”, che pur si giova della presenza come guest di Ralf Scheepers, è un brano fiacco, come anche l’accoppiata iniziale “
Namesake” – “
In the Roar of Desire”, che presentano una cattiveria ed un arrangiamento che sanno di forzato e poco naturale. E poi parliamoci chiaro, la voce di Heather non ha proprio nulla di particolare, è intonata e poco altro, non riuscendo a trasmettermi particolari sensazioni. Debole e tastierosa “
Fading”, mentre il disco si riprende un attimo sul riffone di “
Exhumed”, che pure ricasca nella vecchia trappola di rallentare nella strofa per poi riaprire sul refrain, con quelle intenzioni pseudo-sinfoniche in lontananza che mi convincono pochino.
Insomma, “
Nocturnal Resurrection” è il classico album di debutto di una band che di sicuro deve ancora trovare la sua identità e la sua cifra stilistica personale; i ragazzi sono giovani, ben supportati (l’album è stato mixato da Emil Nödtveidt dei Deathstars), e forse hanno solo bisogno del fisiologico tempo di incubazione per sbocciare. We’ll see.
Non è ancora stato scritto nessun commento per quest'album! Vuoi essere il primo?